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Il Natale serve a farti capire che chi ti manca,
manca un po’ di più.
Non perché l’assenza cambi forma,
ma perché tutto il resto si fa più luminoso:
le luci alle finestre,
le tavole apparecchiate,
le voci che si cercano
da una stanza all’altra.
È proprio in mezzo a questa abbondanza
che il vuoto diventa riconoscibile,
come una sedia lasciata leggermente indietro,
come un nome che non viene chiamato
ma resta sospeso nell’aria.
Durante l’anno impari
a convivere con le mancanze:
le pieghi, le sistemi,
le rendi silenziose per poter andare avanti.
A Natale no.
A Natale la memoria chiede spazio,
si infila tra i gesti ripetuti,
nei profumi che tornano uguali eppure diversi,
perché manca qualcuno
a riconoscerli insieme a te.
E allora capisci
che l’assenza non è solo non avere,
ma continuare a sentire.
Forse è anche per questo che il Natale
fa un po’ male e un po’ bene allo stesso tempo.
Ti ricorda che ciò che manca ha contato davvero,
che non tutto si perde se continua a farsi sentire.
E in quella nostalgia più intensa,
quasi tagliente, c’è una forma strana di amore:
la prova che certi legami
non hanno bisogno di essere presenti
per restare veri.
E.L. nel web
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