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donmichelangelotondo più di un mese fa

Tutti in piedi

 
 
 

 Contro gli stereotipi della disabilità

Remake della pellicola francese “Tutti in piedi” di Frank Dubosc, “Corro da te” è una commedia del regista Riccardo Milani, con protagonisti Pierfrancesco Favino, Miriam Leone, Pilar Fogliati, Michele Placido, Pietro Sermonti e Piera Degli Esposti.

Il film si dipana all’orizzonte della linea sottile del politicamente scorretto, accendendo i riflettori sulla scintilla d’amore che scocca fra Gianni e Chiara, lui affetto da cinismo di gassmaniana memoria, lei paraplegica costretta su una sedia a rotelle.

Da sempre restio alla prossimità delle limitazioni fisiche, Gianni si approccia a Chiara per rinvigorire la sua fama di sciupafemmine, senza  calcolare, però, il coinvolgimento sentimentale a cui dovrà soccombere, trasformandolo, improvvisamente, in un inguaribile romantico.

Sebbene Favino e la Leone facciano del loro meglio per risultare credibili attraverso gag divertenti, “Corro da te” tange la disabilità con un tatto troppe volte utilizzato, il vano tentativo di rompere le righe ed esorcizzare lo sguardo verso il diverso restando, però, impelagati in una sceneggiatura gradevole ma, estremamente, prevedibile.

L’altalenante campagna di sensibilità cercata da Milani trova, altresì, a mo’ di serendipità, inaspettatamente, argomentazione nell’oscillazione del rapporto uomo/donna, o della coppia in generale, rispolverando l’abnegazione ed il sacrificio, concetti oggi ormai utopistici nella costruzione relazionale.

Il fatto che il cinema italiano ricorra, sempre più frequentemente, a versioni francesi e spagnole di copioni non originali la dice lunga sulla penuria di idee di produttori e registi. Rilevante è invece la concezione d’amore e la paura ad essa legata: se per il disabile, infatti, la principale difficoltà consiste nell’incontrare una situazione sentimentale, per il ”normodotato” la preoccupazione è mantenerla.

In ogni caso, “Corro da te” infonde nello spettatore buoni propositi che è sempre bene non ignorare…

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Lettera di un giovane soldato russo costretto al fronte

 
 
 

Caro Direttore,

mi chiamo Ivan e ho ventidue anni. Ti scrivo in questa maniera un po’ arcaica innanzitutto perché a me scrivere lettere piace tantissimo, e poi perché voglio abituarmi alla comunicazione epistolare, visto che qui da noi potrebbero staccarci internet da un momento all’altro. Se mi chiedi cosa penso della guerra, sinceramente, non saprei dirtelo con precisione, essendo la mia prima chiamata alle armi, ma, in tutta onestà, credo sia una figata pazzesca!

Sono lusingato che il presidente Putin abbia scelto proprio me fra tanti, è un uomo probo e giusto, ha l’Italia nel cuore ed Arcore è la sua seconda casa. Che onore servire il Paese, la nostra è una delle prime potenze mondiali e niente e nessuno potrà sconfiggerci, nemmeno la NATO!

La questione di internet, poi, è un’ingiustizia bella e buona! Ma è un atto dovuto nei confronti dei disertori, di quelli che il fato ha messo contro di noi. Considero una pagliacciata la protesta della giornalista con quei cartelli in diretta al telegiornale. Oh, anche Tolstoj ha parlato di “Guerra e Pace”, Muratov di Novaya Gazeta ha ricevuto il Nobel, si vis pacem para bellum, ho ancora in mente l’incisione sul cornicione dell’accademia di Kazan…

Denazificazione, questo ci ha ordinato l’alto comandante in grado, e a me gli Ucraini sono sempre stati un po’ antipatici, altro che zona cuscinetto, qui bisogna alzarsi dal letto e trasformare il sogno in realtà: liberiamo il Donbass e restituiamo legittimità alla Crimea!

Vi confesso, però, che tempo fa avevo una fidanzata ucraina, l’avevo conosciuta durante la messa del patriarca Kirill, abitava nei dintorni di una chiesa, in una cittadina il cui nome iniziava per “B”. B come bionda, occhi verdi, un culo da paura, facevamo l’amore h24, poi le nostre strade si sono divise. Helena, le comprai persino una borsa Chanel, di quelle che oggi le nostre influencer stanno facendo a pezzi in streaming.

Sui carrarmati yallet spunta una Z, no, non quella di Zorro, ma il simbolo dell’operazione militare speciale, al posto della spada abbiamo fucili d’assalto e granate, ma il generale ha menzionato anche altra roba pesante. Armi chimiche? Direttore, mi meraviglio di te! Quelle ce l’ha il figlio di Biden nei laboratori di Mariupol, lui e il suo socio Zelensky, che però, dai, fa un po’ ridere. Sapevi facesse il comico? L’ho scoperto l’altro ieri, mentre stavamo sparando fuochi d’artificio a Zaporizhzia, abbiamo fatto razzìe in un ristorante del posto (per scongiurare una nuova Chernobyl) e sulla parete c’era una foto proprio di Zelensky con Sean Penn, Grillo e Di Maio che, secondo il ministro Lavrov, di cucina, diciamo così “diplomatica”, se ne intende! Tra una sbornia ed un hangover, abbiamo incrociato lungo la strada del Nord Stream 2 il Sindaco di una città, non ricordo esattamente quale, con indosso una t-shirt di Salvini. Ci ha raccontato, divertito, della gag con Matteo, della sua amicizia con i nostri oligarchi, e dei 49milioni di buoni motivi per spegnere i condizionatori ed acquistare l’energia americana.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Se Armando avesse ragione

 
 
 

Dialogo tra due amici dopo tanto tempo…

Non più di due giorni fa, ho avuto la fortuna di rincontrare un caro amico. Di tanto in tanto mi tornava in mente, provavo a cercarlo, ma niente, non avevo più il suo numero di cellulare, né il suo indirizzo, né lo ritrovavo sugli elenchi telefonici …oggetti ormai spariti. In quel momento mi tornavano in mente gli episodi della vita che avevamo condiviso ed erano stati tanti, avevano cementato la nostra amicizia ed avevano nel modo in cui ognuno di noi le avesse vissuti ed il significato che ne avesse dato, quanto profondamente diverso fosse il nostro carattere.

Era stato questo a tenerci insieme? Non riuscivo a dare una risposta a questa domanda. Io però ero felice di recuperare questi ricordi, ciò restituiva un senso alla mia vita e mi concedeva la certezza di averla vissuta e di non averla buttata via.

Poi, come capita a volte, per una mera casualità, in occasione di una rara uscita dal mio piccolo mondo in comunità, mentre passeggiavo per una affollata strada di una grande città, a noi vicina, l’ho riconosciuto, l’ho chiamato, l’ho raggiunto, e ci siamo abbracciati. “Antonio!”, ha esclamato, “Antonio, come stai? È da tanto che non ci si vede …quanti anni sono trascorsi, quando è stata l’ultima volta, dove ci siamo lasciati e non più incontrati?”.

Quante domande, troppe domande: mi sono sentito in difficoltà e frastornato, non sapevo cosa rispondere, mentre il mio caro amico sorrideva compiaciuto ed incalzava nel suo chiedere.

All’improvviso mi si sono rischiarati i pensieri e mentre raggiungevamo un tavolino del bar per continuare comodamente la nostra conversazione, o meglio ciò che lui aveva continuato a domandare senza sosta, ecco che mi sembrava di aver capito. Sì che erano trascorsi più di vent’anni, ma lo avevo lì di fronte a me e lo ritrovato dopo vent’anni anni esattamente come lo avevo lasciato: uguale. Uguale in tutto: nella sua raffinata eleganza, nel suo tratto signorile, nel suo sguardo ammiccante ed attento, nel sorriso bonario e intrigante, in quel suo modo così particolare di dire e non dire, di esprimere un concetto, ma lasciare a me l’onere di continuare a riflettere ad alta voce, ad osservare e considerare i  fatti della vita, sempre in una prospettiva futura.

Una volta seduti e mentre ammiravo osservavo il taglio prezioso ed elegante della sua giacca, gli ho chiesto: “Armando ma come fai ad essere sempre così?”.

Mi ha guardato profondamente negli occhi ed ha risposto: “Antonio, nella vita non devi mai, dico mai, guardarti indietro: mai!”.

“Il ricordo del passato, il cullarlo come un neonato, l’accarezzarlo come un bene prezioso, ti lascia solo un senso di frustrazione e di dispiacere. Non è vero che le esperienze del passato, la vita vissuta con i suoi momenti di vittoria e di sconfitta, garantiscono la saggezza e la serenità. No, tutt’altro, garantiscono un ingannevole sentimento di vissuto, una delusione del non fatto e la contezza degli anni trascorsi: la tristezza!”.

“Io non mi sono mai guardato indietro. Guardo sempre in avanti sempre”.

“Antonio, devi sapere una cosa che non ho avuto ancora modo di dirti; circa sei anni fa è mancata Serena, mia moglie, te la ricordi?”. Ho annuito incredulo. “Lei non mi diceva nulla dei suoi problemi fino a quando, ormai troppo tardi, le metastasi partite dal seno avevano raggiunto la colonna vertebrale. È venuta a mancare dopo poco.

Ed anche in questa occasione tragica, non mi sono guardato indietro. È del tutto inutile. Ho girato pagina subito e ho ripreso la mia vita. Tu lo sai che lo facevo già quando c’era lei. Ho sempre seguito la mia di vita, le mie aspirazioni, le mie prospettive, i miei desideri. E tu lo sai …e se tra questi c’erano quelli che tu trovavi inopportuni e scorretti, io ho sempre continuato a seguirli a raggiungerli ed a realizzarli. Solo così, guardando al futuro prossimo e mai riprendendo nei discorsi e nei pensieri il passato, ho vissuto la mia vita al meglio”.

Ho replicato: “Ecco perché ti trovo così bene: molto bene. Sempre pimpante, allegro, sarcastico, ottimista”.

“Sì, mi ha risposto, ognuno di noi ha la sua di vita. Credo che l’errore sia quello di pensare di viverla e di condividerla con un’altra. Non è una buona cosa. Così si creano limitazioni, ostacoli, rinunce, rancori: ed è questo il senso per me del famosissimo verso di Quasimodo: ognuno è solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera.

Antonio, non guardarti più indietro: pianifica il tuo presente, coltiva sogni, desideri, fattibilità. Hai bisogno di girare pagina, sei ancora giovane, ricco di entusiasmo e di forza. Antonio, credimi: la tua sera non è ancora arrivata anzi è molto lontana!”.

“Coraggio, non deludermi. Hai molto da fare e da dare, da vivere e da realizzare, pensa solo a te, pensa che tu ci sei, pensa che ora puoi decidere subito di realizzare una tua aspirazione, di concretizzare un tuo progetto. Stai bene e non girarti più indietro, mai più!”.

Ci siamo salutati ripromettendoci di rivederci presto. Non so se sarà possibile o se sia un bene per me. Ora ho bisogno di tempo per riflettere e per metabolizzare le sue parole, le sue riflessioni tanto tanto lontane da me. Ho ripreso poi a camminare ed un pensiero ha continuato a turbarmi: e se avesse ragione Armando? Se!

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donmichelangelotondo più di un mese fa

A mente aperta (Paradiso V)

 
 
 

«Apri la mente a quel ch’io ti paleso 
e fermalvi entro; ché non fa scienza, 
sanza lo ritenere, avere inteso»

(Paradiso V, vv.40-42)

Oltre la metà del quinto del Paradiso è dedicata alla risposta che Beatrice aveva lasciato in sospeso nel canto precedente per sciogliere il dubbio relativo alla natura del voto e alla possibilità di mutarne la materia con altra opera di bene.

Beatrice chiarisce che il dono più grande fatto da Dio all’uomo è quella della sua volontà: il voto non esprime altro che il sacrificio volontario di tale dono e, dunque, se fatto con mente retta, esso ha un valore inestimabile e insostituibile.

D’altra parte, spesso la Chiesa stessa dispensa dai voti e questo merita una spiegazione: Beatrice precisa che si può cambiare la materia di un patto liberamente stretto con Dio, ma non la sua natura. In altri termini: la materia del voto, a determinate condizioni, può variare, ma il patto in quanto tale non può essere cancellato.

Come spesso ci accade, è lecito interrogarsi sulla attualità di simili argomentazioni. In verità, se Dante vi si attarda, è per alimentare la sua scoperta polemica nei confronti delle autorità ecclesiastiche del tempo che, per vil moneta, elargivano dispense a chi poteva, letteralmente, comprarsele. Di qui l’ammonimento rivolto ad ogni cristiano, anche a quelli di oggi, a non prendere alla leggera l’espressione di un voto, per non incorrere nello stesso errore di Iefte o Agamennone, capaci di sacrificare le proprie figlie pur di non ritrattare una promessa sconsiderata e in nessun modo riparabile.

Il canto si chiude con la descrizione dell’arrivo nel secondo cielo, quello di Mercurio, dove sono beati quanti operarono per conseguire la gloria terrena. Dante e Beatrice vi giungono con la stessa velocità di una saetta che coglie il bersaglio prima che smetta di vibrare l’arco che l’ha scagliata. Una delle anime, sfolgorando, si rivolge a Dante: scopriremo nel prossimo canto chi sia e quale sia la sua storia.

Apri la  mente a ciò che ti svelo e fissalo nella tua memoria: giacché non fa conoscenza l’ascoltare senza ricordare …le parole di Beatrice, che qui traduco, hanno segnato una buona parte della mia vita. Ricordo ancora la prima volta in cui le udii dalla voce del mio docente di storia. Era il suo modo di invitarci a leggere e capire, a valutare e soppesare, ad essere critici e non canne al vento.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Bellezze delle arti e stranezze dei suoi committenti?

 
 
 

A proposito del “Secentismo”

Ognuno di noi ha il momento disarmonico che noi stessi, nell’altro, chiamiamo “stranezza”.

La cosa più strana, però, è: che chi è strano, la maggior parte di noi, nemmeno se ne accorge di esserlo. Questo per un motivo auto-immaginifico che suscita “immagini” di sé e cerca di sottoporle all’altro consigliandogli di accettarle o, ancora peggio, costringendolo alla sua “strana” ortodossia. Le nostre stranezze assumono fattezze che vanno dal ridicolo al tragico.

Si chiama “Secentismo” il secolo delle stranezze, con gli addomesticati italiani, ridotti a servi (diceva Aristofane che, quando gli uomini diventano servi, Giove gli toglie la metà del senno). Oggi come oggi, non ne abbiamo recuperato per nulla anzi, a causa della nostra tendenza a dire sì, sembra che la nostra capacità di intendere si sia ridotta ulteriormente.

Un “sì” e un “no”, mano nella mano. Sono due opposti che si parlano. Si tengono per mano per comunicarsi, attraverso una stretta (impulso al cervello) secondo l’opportunità o lo svantaggio. Lo stesso come fanno soprano e tenore per bilanciare e dare pari tempo ai loro vocalizzi sulla scena: è la leggera stretta delle loro mani che decide la lunghezza della nota.

Allorquando un “no” oppure un “sì” diventano assoluti e ognuno delle due parti in gioco (trattativa) ne detiene l’opposto: si resta fermi e impantanati e non si va da nessuna parte…

Questo significa mantenere le proprie posizioni, le proprie idee: essere intransigenti insomma.

Con un sì incondizionato, oppure estorto, o con l’intento di ricavarne benefici immeritati v’è il rischio di cadere in sottomissione e perdita di dominio. Si potrà finire in una forma di cortigianeria, di servilismo se il “sì” dissennato ha lasciato la mano del “no” ragionevole, poiché verrà a mancare quel “contatto” per dare impulso alla ragione ad indicare la via maestra…

C’è stato un periodo in cui la politica da una parte e la religione dall’altra, avevano quasi azzerato la “ragione” dei singoli, sostituendola col loro pensiero di autorità e dominio. Man mano che la “stranezza” assumeva il volto autoritario, il gesuita, con le sue scomuniche, faceva il resto, senza apparire prevaricatore. Metteva in condizione una persona timorosa che, per paura di finire all’inferno dopo morto, a malincuore, accettava quello che gli veniva offerto, da vivo, sulla Terra.

Però bisogna si guardi l’altra faccia della stessa medaglia, dove risalta, l’arte. Era appunto nelle arti figurative, spregiudicate e inaspettate nelle fattezze formali, a porre l’accento antitetico, quasi di rivalsa nei confronti del potere. Una forma di “ribellione” che si libera nei pazienti per scuotersi di qualcosa di opprimente, la malattia appunto, scatenando il pensiero in un “Fai da te”. I sofisti greci sostennero il torto e il diritto facendo della ragione un gioco di parole illusorie. Ma veniamo al secentismo.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

La vita nel sogno di Ciro Lavigna

 
 
 

Se credete di essere affetti da “erostratismo”, cioè l’ansia di lasciare un ricordo ai posteri, sedetevi, respirate e concedetevi la piacevole lettura de “La vita in un sogno”, il nuovo libro di Ciro Daniele Lavigna, un’opera in cui paura e speranza trovano compimento nelle più piccole forme d’Amore.

Ciao Ciro, eccoti al quarto romanzo, quello della maturità artistica?

Vorrei risponderti partendo dalle parole di Pablo Picasso: “Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi” ed io trovo queste parole molto vere, sono convinto che ognuno di noi sia un potenziale artista, solo che io credo di essere rimasto, artisticamente parlando, allo stato embrionale. Parlare di maturità artistica, nel mio caso lo trovo a dir poco velleitario, anche se mi piace molto il mio quarto romanzo: “La vita in un sogno” dove per certi versi si evince quella che è la mia più grande aspirazione: scrivere.

La giusta via per la felicità risiede nelle grandi cose o nella ricerca di ogni, anche piccolissima, forma d’amore?

La felicità non va ricercata altrove, fondamentalmente risiede dentro ognuno di noi, solo che va coltivata, motivata, alimentata e soprattutto esternata, così facendo anche quello che ti circonda assurgerà alla felicità. Credo che tutto quello di cui ci circondiamo sia lo specchio di ciò che esterniamo, se anziché pensare solamente a costruire palazzi, grandi professioni, accumulare ricchezze condividessimo sorrisi, abbracci, cortesia, forse saremmo più poveri economicamente ma avremmo una vita più ricca. Concludendo, il vero segreto per la felicità è racchiuso nel mio libro ed è per questa ragione che dovrebbero leggerlo tutti, anzi dovrebbe passarlo la mutua.

La scelta di chiamare il personaggio ancora una volta “Daniele” (tuo secondo nome) è la componente autobiografica del libro?

Chiamare il personaggio narrante Daniele mi aiuta a vivere a pieno il romanzo e secondo me è il modo migliore per far sì che anche il lettore a sua volta si immedesimi nella storia o magari si rispecchi in uno dei personaggi del romanzo. Le parole più belle che mi hanno detto riguardo al precedente libro ed anche le più condivise sono state: “Mi sono commossa”. La mia più grande aspirazione è quella di regalare emozioni con la scrittura e per fare ciò, credo che il lettore debba entrare in quelle pagine ed immedesimarsi, magari scrivendo una pagina propria e perché tutto ciò accada, devo prima rendere mie quelle pagine.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Le guerre non lasciano gratitudini, solo livori

 
 
 

Con l’invio delle armi sul teatro di guerra non si fa altro che allargare il conflitto

Banalizziamo pure la complessità di questo eccidio russo-ucraino, lavandocene le mani: l’abbiamo già fatto accettando le migliaia di profughi da una parte mentre, paradossalmente, travasiamo ancora armi a non finire sulla scena del “crimine”. È come svuotare il mare con un bicchiere di carta…senza bloccarne gli affluenti…

Torcendo i “panni lavati” mi sa che quelle gocce rossastre abbiano qualche attinenza col sangue versato, o mi sbaglio? Se non si vede la strage perché si volge la testa dall’altra parte, almeno credo che non sfugga, ai nostri timpani, l’impatto, il grido d’aiuto dei “seviziati”.

Due coscienze, due modi di vedere, di pensare? Altrettanto due comode conclusioni affinché nessuno resti con la coscienza lassa o dubbia, risentita? Ora prendiamo il problema in senso “quadratura circolare” seguendone passo dopo passo gli sviluppi reali e quelli probatori e cerchiamo di dare la giusta quadratura del cerchio appunto.

Con l’invio delle armi sul teatro di guerra non si fa altro che allargare il conflitto, aumentandone, sadismo e atrocità. Gli strumenti di morte sono talmente sofisticati che vengono definiti intelligenti, a differenza di chi ne fa uso. La gente che può scappa per salvarsi la pelle… scappa nelle direzioni di fuga ancora possibili. Ci sono famiglie spezzate che tentano di congiungersi coi propri congiunti sparsi in tutto il mondo, Italia inclusa.

L’accoglienza dei profughi: nella maggior parte donne, bambini e anziani (cani, gatti e qualche signora con delle valige piene di banconote…), ci dovrebbe far pensare almeno un po’, come siamo messi. Per questi comporta un impegno sociale non indifferente: alloggi, sanità, alimentazione, asili e scuole, lavoro e quant’altro sancito in diritti internazionali in una vera democrazia.

Da noi c’è già una forte carenza di servizi per i già residenti il che, aggiungendone altri, il problema s’ingigantisce e potrebbe sfuggirci di mano. Ma lo si fa comunque poiché è un fatto dovuto, un atto di misericordia. Però, siamo sicuri per quanto tempo possiamo farlo e quanto potrà durare la situazione conflitto?

Prendendo ad esempio il nostro territorio con tutte le sue problematiche: scarsità di lavoro, debito pubblico, scuole disastrate, sanità a secondo l’aria che tira, scarsità di alloggi, malavita organizzata, corruzione ad alti livelli, incoerenza politica: nulla di più facile che la cosa degeneri. Potrà tralignare oltre ogni nostra buona aspettativa: in un territoriale, drammatico conflitto sociale. Ora si vocifera che per scarsità di cibo, ci sarà una razionalizzazione adeguata in tal senso. Ma va!

La Russia di contro ai nostri embarghi continua a minacciarci stoppando gli invii di derrate di grano e altri suoi prodotti. Non me lo dire! Se non è il cane che si morde la coda o un cerchio che non lascia vie d’uscite, non so come si possa definire la questione.

Aspettiamoci conflitti peggiori se altri milioni di persone rimarremo a stomaco vuoto, visto la piega di non facile ed imminente soluzione. Le posizioni cautelari prese dal Patto Atlantico, ONU, UE, politici nostrani (amici di merende putiniane) non porteranno a nulla. Nulla si risolverà se la Russia non leverà loro dalle spalle quella pistola, carica e non ancor “fumante”: la spavalda ostinatezza a proseguire, ostentando il deterrente atomico.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Il dono di Paola Lomuscio a Bruce Springsteen

 
 
 

Una storia incredibile, la trama di un film che, invece, aderisce perfettamente alla realtà, un mondo di arte e creazione. Una matita, quella di Paola Lomuscio, ed un omaggio al “Boss” Bruce Springsteen, un ritratto giunto fra le mani della rockstar americana, da Andria a Freehold nel New Jersey, migliaia di chilometri per realizzare un sogno a ritmo di musica e tempera

Ciao, Paola. Perché hai scelto di ritrarre, fra gli altri, Bruce Springsteen?

Bruce è il sogno americano. L’umiltà in persona. La sua musica è dipendenza. Chiunque ascolti la sua musica, ne viene  folgorato…anche i bambini! Ed io ho disegnato il mio sogno di bimba!

Come hai fatto a fargli recapitare la tua opera negli States?        

Tutto ebbe inizio nell’agosto del 2016. Il caldo era torrido, ma la sua musica pulsava in tutta Roma come un leone al Circo Massimo! Decisi di realizzare un ritratto a matita per questo evento. Un ritratto, che non immaginavo rimanesse impresso nei cuori della gente!

Che emozione hai provato nel sapere che The Boss avesse visto il tuo lavoro?

Ho pianto a singhiozzi…incredula e felice! Mi asciugavo le lacrime e ridevo…

Cosa vorresti facessero le Istituzioni per supportare la tua Arte?

Sono una persona determinata ma fatalista. Lascio fare al destino.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

«Tu l’hai detto» Mt 26,14-25.

 

L’azione dell’uomo era prevista, ma non predeterminata. Ed è per questo che Gesù non toglie la responsabilità a colui che lo consegna, poiché egli ha utilizzato male la sua libertà.

 

(Prego)

Padre misericordioso,
tu hai voluto che il Cristo tuo Figlio
subisse per noi il supplizio della croce
per liberarci dal potere del nemico:
donaci di giungere alla gloria della risurrezione.

 

(Agisco)

Offrire la nostra amicizia a quanti stanno vivendo l’amara esperienza dell’amore tradito, della speranza delusa, dei desideri infranti: possano sentirsi da te amati e sorretti.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

«...uno di voi mi tradirà...Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»Gv 13,21-33.36-38.

 

Giuda e Pietro hanno stimato cosa da poco la solidarietà e la comunione umana. Ora, nelle loro persone, quest’ondata di indifferenza e di cattiveria si alza e si rovescia contro Gesù stesso, che in quanto Logos - Verbo - è il fondamento di ogni relazione positiva.

 

(Prego)

La tua misericordia, o Dio,
liberi dalle insidie dell’antico peccato
il popolo a te fedele
e lo renda capace della santità di una vita nuova. 

 

(Agisco)

Nella preghiera e nell'eucaristia domenicale attingo l’umile forza per vivere in fedeltà al Vangelo e testimoniare che nulla mi è più caro di Cristo.

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