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donmichelangelotondo più di un mese fa

Il Castello di Fratta, e le esigue primavere di Ippolito Nievo

 
 
 

La vita è sempre breve, per chi la ama.

Quante volte ognuno di noi vorrebbe ritornare bambino per vivere di piccole cose: di favole, di fantasie, di fate e di “castelli”, quante volte? A me succede spesso nella primavera, quando non occorre metterci troppa fantasia per farlo, essendo aiutato dalla stagione e dalle esplosioni cromatiche della natura a darmi un tocco di meraviglia: innocuo, mansueto, innocente, spensierato.

In questa stagione, il brio che ne scaturisce t’inebria i sensi. Ti fa decollare in una dimensione nella quale ti è poi difficile “ordinare” la tua scansia dove porre i sentimenti, anch’essi presi da euforia e ottimismo.

Con l’arrivo delle rondini pure la fantasia prende il volo e si mette a “garrire”, come una vela nell’oceano del cielo, insieme ad esse. È in questi frangenti che ti sembra essere in un “Castello” in cima a una vetta su di un cavallo, solennemente bardato e tu in costume regale. Sei lì pronto per la cavalcata, in compagnia di Pan: sarà lui a guidarti tra boschi di faggi, laceri, pioppi, betulle e in uno stratificato tessuto di colori ed effluvi balsamici, per vagheggiare con spirito innocente, al par di un fanciullo paladino appunto.

La cornice di costoni di malve fiorite, tarassachi, camomilla e la folta, conseguente, antologica, sbocciata di colori, con il suo manto verde intenso, concorrono a sommergere ogni vergognosa bruttura lasciata dalla mano dell’uomo, innalzando l’asticella di gioia per portarla ai massimi valori euforici.

Sembra che la Natura assuma il suo pudore e copra le sue parti prevaricate dalla scandalosa, selvaggia violenza umana. La plastica e quant’altro di obbrobrioso e di indistruttibile che viene incautamente affidato a un tempo indefinito alla Natura, affinché lo sani. È un compenso all’illecita sgrammatura di manipolazioni dell’uomo, ciò che ogni anno ci porta la primavera, nel pacco regalo per la nostra rinascita.

Il castello dei sogni. Quello con il Re buono, le damigelle in corsetto e la leggiadria dei suoi parchi e giardini ben curati.

Il castello dei timori.  Qual ordine di soggezione innesca per la sua possanza misteriosa, con la sua burbanzosa autorità. Posizionato quasi sempre sulle alture, sembra esso arroghi a sé la supremazia su ciò che spazia e che rimane ai suoi “piedi”.

Il castello di Fratta. Ippolito Nievo nel suo romanzo “Le confessioni di un italiano”. ne fa un luogo a dir poco paradossale: allucinante e, allo stesso tempo gradevole.

La descrizione che lui ne fa è così minuziosa, accattivante, diligente che quasi sembra ti prenda per mano e ti presenti a Carlino Altoviti e alla Pisana, per farti “giocare” insieme. Anche tu, leggendo il romanzo, ne ricaverai quelle paradossali sensazioni da riportarti a quand’eri fanciullo. Il Nievo scrivendo, ti “fotografa” ogni singola parte del castello con la descrizione delle cucine talmente particolareggiate da far sentire il lettore trovarsi in essa. Tra l’ordine scomposto degli attrezzi, gli odori e il via vai dei personaggi che si muovono ora con attenzione, altre volte con leggerezza, inciampando in qualcosa fuori posto oppure in un gatto svogliato; con i fulmini e le saette dei temporali che vanno a scaricarsi sul dispositivo di sicurezza sul tetto e le relative paure: è veramente una piacevole, elettrizzante lettura da non perdere. “Voglio scrivere, scrivere, scrivere finché ci sarà qualcuno che vorrà leggere”, scriveva il Nievo.

Con un sentimento forte nel fare, nell’agire e il non essere di peso ma d’ausilio ad una società bisognosa di altruistici rilievi di valori e di moralità. La sua “testardaggine”, determinazione, aveva messo in trepidante ansia sua madre, la quale aveva notato bene le esuberanze di suo figlio. Questo era avvenuto prima ancora che egli, ancora giovine, prospettasse lei di volersi avventurare in un progetto altruistico-patriottico: non certamente alieno, da pericoli.

La sua verve letteraria aveva messo da parte fronzoli e orpelli per fare una ricerca approfondita sul modo di scrivere del tempo, dove il Foscolo, il Manzoni e il Rousseau aprivano spiragli illuminanti tra i letterati di casa e d’oltralpe. Egli ne fu artefice coscienzioso, ricercatore appassionato e fine nell’affinare i suoi testi per una lettura piacevole, comprensiva e storica. Il passo, poi, citato nel “Novelliere campagnolo”, dove il Nievo, scrivendo dei contadini, si apre ad un tema a lui tanto caro, i contadini e la Natura. “Il frutto che giunge a maturazione; il sole che ogni giorno risorge…” Queste immagini evocano un altro grande amore di Ippolito Nievo, indissolubile da quello per la patria e alimento di quello per la vita: il mondo contadino.

“Prima di tutto, scrive, “bisogna dare equità di diritti all’uomo, prima ancora di far di lui del saccente e fratello con le chiacchiere.

La vita è sempre breve, per chi la ama.

Ippolito Nievo moriva che aveva poco più di 29 anni (ecco i timori della madre…) sul piroscafo Ercole che si inabissò, tra Palermo e Napoli mentre ritornava dalla spedizione dei Mille: morì col grado di colonnello e da grande letterato.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

La voce soul di Nurja

 
 
 

Si chiama Maria Teresa Cifaratti, in arte Nurja, la cantante andriese con voce soul. Il suo brano “Papaveri” è già un successo di critica e pubblico

Ciao, Maria Teresa. Da dove nasce lo pseudonimo “Nurja”?

Il nome Nurja nasce da un’idea ormai ventennale della mia insegnante di canto che mi propose questo nome d’arte e che significa “portatrice di luce”…ora è giunto il momento di utilizzarlo!

Di cosa parla, nello specifico, il tuo brano “Papaveri”?

“Papaveri” parla del ricordo di mio nonno materno scomparso lo scorso maggio. I papaveri mi legano alla villa che, con tanto sudore, lui e mio padre hanno costruito, in cui abbiamo trascorso gli anni più belli della nostra vita e che compare nella scena finale del video.

Credi sia più complicato applicare la lingua italiana al repertorio soul?

Credo che cantare soul in italiano sia più complicato perché rischia di perderne la vera essenza. Il segreto, secondo me, è affidarsi a musicisti che conoscono e capiscono il genere e la natura del cantautore, riuscendo a creare il giusto abito per il testo in questione

Progetti futuri?

Continuare a scrivere e continuare con il soul e l’R&B. Al momento ci sono altri due brani pronti per essere realizzati e un quarto che sto scrivendo. Non mi aspetto nulla in particolare, solo dare vita ai miei brani poi quel che sarà sarà…

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donmichelangelotondo più di un mese fa

OLIVA DENARO

 
 
 

di Viola Ardone

Un libro che ci accarezza con una delicatezza unica attraverso soprattutto due protagonisti: la tenera e forte Oliva, una ragazzina che a soli sedici anni riesce ad imporre il suo “no” alla consolidata e amara abitudine al “matrimonio riparatore” ove l’uomo aguzzino trova una via d’uscita nella piena libertà, quella stessa libertà che è negata alle donne e il dolce suo papà, uomo semplice e dal cuore immenso che non manca mai, seppur nel suo silenzio, di tendere la mano alla sua straordinaria figlia.

Straordinaria perché “anche le brocche che sembrano rotte, sono in attesa. Attendono che sia il tempo giusto per rinascere e tirare fuori la propria voce. Perché gli abusi bisogna denunciarli.

Nello scorrere delle pagine, quindi, seguiamo con intensa tenerezza questa ragazzina dagli occhi scuri e vividi a dal temperamento deciso e votato alla realizzazione di se stessa in un momento storico in cui essere donna può rappresentare una sciagura. Eppure nel suo immenso dolore di ragazzina abusata piano piano ha saputo far sgorgare una consapevolezza di sé lucida e forte riuscendo poi ad essere finalmente una donna libera e indipendente.

Un racconto che si vive in prima persona non solo in quanto donne, ma anche perché certi eventi non conoscono genere e riescono a scuotere gli animi di chiunque.

Un libro, a mio parere, da far leggere nelle scuole per consolidare certi valori quali il rispetto, l’educazione nonché evidenziare cosa sia il vero amore per se stessi e per gli altri, la delicatezza, la sensibilità, la tenerezza, la consapevolezza di sé, insomma tutto ciò che ci rende delle persone degne.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Il dubbio di Dante (Paradiso VII)

 
 
 

«Io dubitava e dicea ‘Dille, dille!’

fra me, ‘dille’, dicea, ‘a la mia donna

che mi diseta con le dolci stille’»

(Paradiso VII, vv.10-12)

Il settimo canto del Paradiso è uno di quelli che non passerà alla storia: se viene citato, è più per negazione che per attestazione. Nessuno lo ricorda tra i canti più belli. Diversi, e a giusta ragione, lo hanno tirato in ballo per contestarlo.

Dal punto di vista narrativo, è una diretta conseguenza del canto che lo precede e segna una lunga pausa didascalica. Beatrice, che legge l’esitazione di Dante nella sua mente e nel suo volto, tiene ben tre lezioni mutuate, more solito, dalla teologia tomistica.

In primo luogo, vuol chiarire le parole di Giustiniano: «Poscia con Tito a far vendetta corse» (Paradiso VI, 91-93); successivamente vuol spiegare come, in Dio, si possano conciliare giustizia e misericordia; infine, si attarda su una arida illustrazione relativa alla corruttibilità degli elementi.

Almeno l’ultima avrebbe potuto risparmiarcela e, infatti, su essa non dirò oltre. Quanto alle prime due, una qualche “storta sillaba” va scritta.

La “vendetta di Tito” sarebbe, come è noto, quella che ha comportato la distruzione del tempio di Gerusalemme, in realtà opera di suo padre Vespasiano, e segna dunque l’inizio del castigo degli Ebrei, rei di essere “deicidi”. Tutti sanno quanto un simile modo di pensare abbia dato la stura al più becero antisemitismo, già diffuso in tempo medioevale, in particolare in ambiti ecclesiastici, e come questo abbia poi trovato tragico e inqualificabile epilogo nella Shoah. Che Dante non potesse prevedere una tale “soluzione finale” non rileva e non lo scusa. Quel che è grave è l’assunto, al di là delle sue intenzioni. Quel che è tragico è che, ancora fino al 1962, nel Messale Romano si pregasse pro perfidis Iudaeis… Sono sgomento.

Quanto alla dottrina tomistica secondo la quale Dio, tra misericordia e giustizia, tra perdono e castigo del peccato originale, avrebbe scelto entrambe le vie per mostrare la sua infinita liberalità, mi limito a osservare che si tratta di un ragionamento artificioso, di certo, e per fortuna lontano dalla nostra attuale sensibilità religiosa. Dio è amore: questo sente la fede. La croce è follia e mistero: questo osserva l’uomo. E questo ci lacera. Punto.

Ecco perché, in ben centoquarantotto versi di dottrina, quel che mi affascina è, in verità, il dubbio di Dante. Quel dubbio che lui stesso teme di confessare, e che invece lo rende grande, ben al di qua delle risposte della sua Beatrice: Io ero attraversato dal dubbio e continuavo a ripetermi: Diglielo! Diglielo! Di’ alla mia donna…

Ma Dante tace. E lascia parlare Beatrice che tutto vede e sa.

Solo che io preferisco il suo silenzio.

Quello di Dante.

Bertrand Russell: «Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi».

Roberto Gervaso: «Chi non dubita di nulla è capace di tutto».

Mario Marchisio: «La certezza incrollabile è un’invenzione dei fanatici, dei disumani. Dio stesso non sgradisce una piccola ombra di dubbio nella nostra fede in Lui».

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

«Datevi da fare non per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» Gv 6,22-29.   

 

Il suo pane ci aiuti per ottenere la vittoria nella fede. Che cosa significa "vittoria della fede"? Significa continuare a credere, nelle tribolazioni, che Dio ci ama e ci prepara per un maggiore bene.

 

(Prego)

O Padre, che nella Pasqua di Cristo, nuovo Adamo, riconduci l’umanità sulla via della vita, fa’ che non deviamo verso i sentieri del peccato, ma seguiamo da veri discepoli il tuo Figlio.

 

(Agisco)

Non arrendermi nel credere in Lui nel bene e nel male.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Criminalizzare la solidarietà

 
Gli sbarchi di migranti a Lampedusa proseguono senza sosta, solo ad aprile sono stati più di mille

Gli sbarchi di migranti a Lampedusa proseguono senza sosta, solo ad aprile sono stati migliaia

Parlavo qui giorni fa del caso di Andrea Costa, presidente dell’associazione Baobab Experience, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, traffico di esseri umani, per aver raccolto i 250 euro necessari a nove persone in transito da Roma verso Ventimiglia. La sentenza è attesa a giorni. Venerdì scorso, intanto, ha espresso il suo parere sul caso Mary Lawlor, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori di diritti umani. Lawlor, docente al Trinity College di Dublino, riferendosi alla lunga inchiesta giudiziaria su Costa e sull’attività del Baobab ha scritto che “non avrebbe dovuto aver luogo”. “Criminalizzare la solidarietà”, ha detto, è quel che sta accadendo: deve finire.

Anche Amnesty international ha commentato che “procedimenti penali per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare nei confronti di attivisti, volontari e associazioni hanno spesso un effetto paralizzante e ostacolano l’attività umanitaria”. Criminalizzare la solidarietà mi pare una definizione esatta del sentimento (del progetto politico?) in corso tutto attorno a noi. Costa, in specie, si è pubblicamente esposto in opposizione alle politiche di governo di Matteo Salvini, quando il leader leghista quando era ministro dell’Interno.

Il flusso migratorio non è diminuito, dicono i dati, ma se ne parla molto meno e questo restituisce la sensazione di cessato allarme, diciamo così. Il colore della pelle dei nuovi migranti in fuga dalla guerra fa il resto. Questi sono bianchi, quelli erano neri. Sarà una semplificazione, ma è sotto gli occhi di tutti il plauso che le istituzioni accordano ai volontari che assistono persone ucraine in fuga. Sono gli stessi volontari, Baobab tra loro.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Ritiro pasquale comunitario
Abbazia del Goleto (Sant'Angelo dei Lombardi)
30 aprile 2022

SUL BATTESIMO
Il battesimo ci rende figli di Dio,per sempre...e pertanto l'innocenza non è uno stato definitivo bensì un cammino continuo di cadute,corse,risalite,smarrimenti e ritorni. Proprio come Pietro,egli divenne santo non perché perfetto ma volenteroso nel rimettersi continuamente in gioco. Solo per amore,come Gesù verso ognuno di noi.

 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Ritiro pasquale comunitario
Abbazia del Goleto (Sant'Angelo dei Lombardi)
30 aprile 2022

SUL BATTESIMO
Il battesimo ci rende figli di Dio,per sempre...e pertanto l'innocenza non è uno stato definitivo bensì un cammino continuo di cadute,corse,risalite,smarrimenti e ritorni. Proprio come Pietro,egli divenne santo non perché perfetto ma volenteroso nel rimettersi continuamente in gioco. Solo per amore,come Gesù verso ognuno di noi.

 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

La confessione di Iosonocorallo

 
 
 

L’insolito titolo è ispirato al primo campione del mondo ad aver risolto il cubo di Rubik in 22’’95 secondo. “Minh Thai”, infatti, èun brano dell’artista Iosonocorallo, il racconto di una sbornia finita male, la confessione aperta di chi vuole mettersi a nudo senza temere il giudizio degli altri

Qual è il vero nome di Iosonocorallo e da dove nasce la scelta dello pseudonimo?

Il nome è nato osservando me stesso e il mio modo di essere. E’ una metafora del mio carattere in quanto mi ritengo una persona molto riservata, introversa e sempre molto concentrata a capirmi fino in fondo ma al tempo stesso la musica mi aiuta a mettermi in risalto. Mi identifico, quindi, nei coralli che, pur trovandosi nei fondali marini, si riconoscono subito grazie al loro colore e alla luce che emanano.

“Minh Thai” è il titolo del tuo nuovo brano. Perché hai deciso di dedicarlo al recordman del cubo di Rubik?

Perché ognuno di noi ha avuto, almeno una volta nella vita, un cubo da risolvere. Oggi noto sempre di più questa sensazione di timore di sbagliare.  E’ come se ci fosse sempre qualcuno lì pronto a vedere cosa fai, cosa dici e come lo dici per poi giudicarti e questo comporta delle forti limitazioni. Dovremmo sentirci un po’ più liberi di sbagliare per poter imparare qualcosa dagli errori.

Semmai ne avesse, i benefici di un hangover giustificherebbero gli effetti negativi di una sbronza?

Al momento, un hangover non mi ha mai portato benefici!

In vino veritas, progetti futuri?

Prossimamente usciranno altri singoli e poi, sicuramente, tornare con la musica dal vivo.

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