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donmichelangelotondo più di un mese fa

Il cavaliere ignoto

 
 
 

Che riposi in pace…

Eravamo in una necropoli.  Che parola orribile! Sa di morte e decomposizione e peccati e buio pesto e speranze mai nate. E invece alla nostra vista si estendeva  un prato enorme, verde, pieno di varietà infinite di piante e insetti, fiorellini allegri e tanto tanto sole. Cosa bella, niente di macero.  Dov’erano quindi le tombe? Per poco non ci finimmo in una  direttamente dentro, a rischio di rottura dell’osso del collo. La disgrazia cominciava ad aleggiare timida. Solo forti massi di pietra incastrati da duemila e passa anni che erano diventati parte del terreno, parte integrante della natura, elementi necessari al territorio murgiano. Sempre ultima dimora era e rimaneva, pur violata e aperta a pioggia e vento, ai nostri occhi profani. Chissà chi era stato sepolto in quel punto, di certo persona di piccola statura. Sì va bene e poi? Uomo o donna? Giovane o vecchio? Felice o disperato? Uno di noi, uno come noi .

Gli era stata data degna sepoltura, niente falò, e questo molto prima ancora che Cristo venisse a tagliare il tempo in due giganteschi tronconi oltre che a spaccare le anime in mille pezzi. Quello era quindi un  luogo di dolore, qualcuno aveva versato lacrime e noi invece ridevamo allegri. La bella giornata , la natura generosa, la compagnia, tutto ci dava spirito leggero. Eravamo vivi, divieto assoluto a pensare alle nostre di tombe, in vacanza dai pensieri bui.  Persino l’arbusto che spuntava dalla tomba era gaio. Simpatico, un signor grasso asparago che sarebbe finito sulle nostre vive tavole ben imbandite.

Ci pensò il grido del vento che scompigliava capelli e pensieri a riportare priorità. Ho deciso fosse l’ultima dimora di un cavaliere, mi veniva bene cosi. Un giovane cavaliere con armatura, che si sarà rigirato nella tomba a cielo aperto mentre ci ascoltava. Morto combattendo con un sorriso appena accennato sulle labbra tumide. Con quel volto nel sonno eterno di chi ha capito tutto. E miseri noi che ancora chiediamo cose e ci confondiamo di più. Tipo abbiamo dimenticato completamente sotto che tetto stiamo. Abbiamo studiato e analizzato l’impossibile ma sgraniamo gli occhi nella natura  che in realtà è casa nostra e ad alzare gli occhi al cielo vengono le vertigini. La domanda cardine era: da che parte sorge il sole?

Senza punti di riferimento eravamo smarriti. Niente strade e case e cemento e auto. Niente internet ad indicarci la strada.   Il sole sorge ad est e tramonta ad ovest: l’abbiamo studiato sui libri di scuola tutti, nessuno escluso.  Il problema è trovarlo l’est. Il cavaliere antico è venuto in aiuto alla nostra emerita ignoranza. Una pietra a zenit buttata lì a caso presentava un foro in alto. La guida ci disse che il sole vi entrava  quando sorge. Un lucignolo, un omaggio astrale, una candela votiva o una  carezza?  Della sua romantica sposa, di un ingegnere arcaico, di un aggiustapietre geniale? Sono tornata a chiedermi quanto tempo fosse passato dalla morte del cavaliere. Ho calcolato nella logica confortevole dei numeri che tanto ci calmano i nervi. Ora diciamo circa che è successo duemilacinquecentoventidue anni fa,  uno più uno meno. Che moltiplicato per trecentosessantacinque giorni all’anno e non considero gli anni bisestili perché non ci piacciono fa esattamente novecentoventimilacinquecentotrenta volte.

Numero enorme, vicino all’infinito. Ora sono passate guerre e rivoluzioni,terremoti e tempeste. Gli uomini hanno cambiato facce e costumi. Tanto pensiero si è evoluto e a volte involuto. Tutto nella logica  illogica della vita. Ma torno su questo pensiero fisso come le pietre in questione. Per un numero quasi  infinito di volte il sole ha forato la pietra e si è posato sulla tomba del cavaliere nella sua danza per l’eternità.  Ero ancora discosta appena dalla tomba ma la forma del foro dovevo guardarla da vicino. Mi sono avvicinata, era a forma precisa di cuore.

Doveroso questo pensiero quindi. Direi riparatorio. Scusa il disturbo, scusa la chiacchiera. Col sole che ti accarezza la fronte ogni mattina, coi fiori che continuamente ti nascono a ghirlanda intorno, riposa in pace, bellissimo cavaliere ignoto.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Google e l'effetto "help"

Google e l'effetto "help"
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Da sempre la tecnologia di consumo va alla ricerca dell’effetto wow. Il lancio di ogni nuovo prodotto è sempre stato accompagnato da promesse mirabolanti ed effetti speciali. In questo la Apple è stata la capofila, ma anche le convention di Microsoft per un certo periodo sono state spettacolari; e lo stesso effetto poi ha cercato Facebook (prima ancora dell’ultimo annuncio del Metaverso con Mark Zuckerberg che viaggiava nel tempo e nello spazio, va ricordato quando lo stesso Zuckerberg si presentò ad un evento per lanciare i visori della realtà virtuali e tutti gli astanti, fra il pubblico, lo guardavano attraverso i visori. Piuttosto creepy, direbbero i miei figli). 

 

L’impressione è che quella stagione, la stagione del wow, sia temporaneamente archiviata. L’indizio più robusto viene dall’ultima convention di Google per i suoi sviluppatori. Un evento storicamente molto importante, che per esempio qualche anno fa era servito all’amministratore delegato per fare una delle prime dimostrazioni di un assistente vocale gestito da una intelligenza artificiale perfettamente in grado di prenotare un tavolo al ristorante al telefono senza che nessuno si accorgesse che a parlare era un software.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

L'animale domestico che meritiamo

 
Cinghiali si nutrono di immondizia nella zona di Monte Mario

Cinghiali si nutrono di immondizia nella zona di Monte Mario

Figuriamoci se voglio parlarvi dei problemi del traffico romano. Vado a parare al fatto che siamo convinti di scegliere, invece ci affezioniamo a quel che capita sotto mano: ma devo partire dal traffico, e dai cinghiali. Lavoro in un posto che sta nel triangolo delle Bermuda fra lo stadio olimpico, la sede degli Internazionali di tennis e la collina di Monte Mario da cui la sera scendono i cinghiali. Ci lavoro nel fine settimana, per sovrapprezzo, quando al tramonto c’è anche un certo movimento naturale teso allo svago.

L’intera area, un paio di chilometri, è transennata, impenetrabile. L’ultima volta che ho provato a fenderla con un’auto, dopo quaranta minuti di circumnavigazione dei blocchi ho abbassato il finestrino e sull’orlo delle lacrime ho spiegato alla gentile poliziotta che stavo per mancare la messa in onda e questo non giova alla ritenzione idrica: lei mi capisce, agente. E’ stato inutile. Vado a piedi, ma ci sono i cinghiali. In particolare ce n’è uno, enorme, che le prime volte ha causato panico, gente asserragliata e inutili chiamate al 113 (non si passa, come ho detto. La polizia per giunta è già sul posto ma occupata coi tifosi).

Da un paio di settimane l’animale è stato adottato degli abitanti. Si è formato un comitato, lo nutrono. Mi ha detto il ragazzo della pizza a taglio che gli hanno anche dato un nome. Sono tutti molto preoccupati che finisca il tennis, perché la bestiola potrebbe restare vittima di un incidente. Meno male che resta il calcio, nel week end. D’altra parte è una cosa bella prendersi cura degli animali, no? – ha aggiunto un tipo con una croce runica tatuata sull’avambraccio, e masticando un pezzo di quattro formaggi si è incamminato alla partita.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace» Gv 14,27-31.

 

Ad Auschwitz, nel campo di concentramento, c’era un carcere: il famigerato Blocco II. Là, in una cella sotterranea san Massimiliano Kolbe è morto d’inanizione dopo una lunga e penosa agonia, attorniato da ogni tortura e miseria umana. Fuori c’era il cortile in cui circa ventimila uomini furono assassinati; di fianco, l’“ospedale” in cui si praticava la vivisezione su esseri umani, mentre, in fondo alla strada, si trovava il forno crematorio. Eppure, nel cuore di padre Kolbe regnava quella pace che Cristo aveva promesso di dare ai discepoli che, seguendo il suo esempio, sarebbero morti per la vita di altri.

 

(Prego)

O Signore Gesù, che ci hai lasciato in dono la tua pace per vincere ogni turbamento e paura, fa' che diffondiamo attorno a noi la gioia di chi sa che il potere del male non può prevalere su chi confida in te.

 

(Agisco)

Essere capace di gesti concreti di riconciliazione e di fraternità.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Cani, volpi, amori

di Gabriele Romagnoli
 

Cani, volpi, amori

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La prima cosa bella di lunedì 16 maggio 2022 è la pagina di un libro che parla di cani, ma in queste righe di volpi. Tutte similitudini per parlare dell’amore. E del dolore che provoca. Il romanzo è Cani selvaggi, di Helen Humphreys, pubblicato da Playground qualche anno fa. E’ la storia, inusuale e affascinante, di sei cani che lasciano la sicurezza, le case, le strade e fanno branco nel bosco. E delle sei persone che ogni sera si ritrovano ad aspettare che tornino. La pagina che mi è rimasta impressa riguarda invece una volpe. La voce narrante sta guidando in campagna e vede una volpe appena investita da un’auto. Rallenta perché nota un’ombra che le sta accanto. Capisce che è un’altra volpe, illesa, piegata accanto al corpo di quella morta. Ha occhi inespressivi, non è turbata dalla luce dei fari. Non sa che fare, salvo vegliare inquieta sul corpo della compagna. Non si muove quando l’auto passa e forse l’auto successiva, passando più veloce, la investirà. La voce narrante dice: “È questo che l’amore rende possibile ed è per questo che bisogna temerlo. Non voglio essere quella volpe. Non voglio provare quel dolore. E non sto parlando della volpe morta, ma di quella viva”. Ma essere stata quella volpe, prima del dolore, è proprio quello che rende la strada degna di essere continuata. E la strada regala.  

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Dentro

Di

 Damiano Landriccia

 -

Di Sandro Bonvissuto

Non ho scritto un “Piccolo Principe” e la mia dedica non sarà bella come quella indirizzata a Leone Werth.
Ma devo dedicare un po’ di stima e di affetto a una persona colta, gentile e coraggiosa: una persona che accetta le difficoltà e cerca quotidianamente di sopravvivere da buon essere umano.
Ce ne sono tante? No, poche. Perché se fosse il contrario il mondo sarebbe un posto più decente.
Questa persona si chiama Sandro Bonvissuto e vive a Roma.
Non è ancora bravo a vivere una vita perfetta, senza provocare e provocarsi dispiaceri o incomprensioni ma chi lo è di noi?
Ha scritto dei libri che celebrano la vita come premio, resilienza e rinascita.
Meriterebbe più attenzione e cura da parte degli editori e dei lettori ma per una sorta di provocazione dolosa della vita stessa, si ritrova solo.
Non dovrei dirlo che è laureato in filosofia e che è costretto a lavorare come cameriere per poco più di 1000 euro al mese.
In bici ogni giorno, escluso quello di riposo, percorre chilometri in bici sia  d’inverno che d’estate sino a dove lavora: una macchina non se la può permettere.
Chi non ha una laurea nel nostro Paese ed è costretto ad un lavoro poco gratificante?
Sandro però ha scritto un libro umanamente sbalorditivo: “Dentro”.
E altri. Ma il mio cuore di lettore si è fermato a “Dentro”.
Buona sera
Il libro “Dentro” è un piccolo capolavoro.
Piccolo perché il vero grande capolavoro è la vita che racconta.
E i personaggi, esseri umani, i pochi rimasti e rinchiusi fragili e impauriti per incomprensioni più grandi di loro in posti con poca luce ma pieni di crepe: basta aspettarla la luce che entra.
La gioia degli abbracci e degli sguardi, del silenzio.
Il dialogo del bambino con il padre, immenso, commovente e vero.
Gli insegna ad andare in bici.
Poi tanti miracoli, frasi, quasi monumenti di parole:

«La vita è una cosa complicata; quando scendi dalla giostra, poi non ci risali piú».

“L’orologio è insieme sacerdote e tempio della piú grande delle religioni dell’umanità, i cui fedeli adorano solo un determinato metodo nella ripetizione. E tutti lo osservano per non restare esclusi da quella liturgia. Una liturgia che è come una procedura per misurare quello che è piú grande di noi’.

“Scrivere e vivere sono i due estremi della stessa corda. Due risposte differenti ma ugualmente buone alla stessa domanda. E perciò devi scegliere di usarne solo una per volta, non le puoi usare insieme. Però puoi usarne una per amministrare l’altra e muoverti nel trascorso scomposto e lacerato”.

Un inno all’essere umano.

I libri che aprite, sfogliate, studiate in tutte le scuole e università del mondo non possono sostituire quelli come “Dentro”.
Perché? Sono libri che non spiegano un essere umano ma solo gli eventi che lo coinvolgono.
Per spiegare un essere umano ne occorre un altro: serve che quest’ultimo usi se stesso per misurare l’odio e la gioia.
Detto questo, desidero dedicare la mia vita poco speciale, normale, alle vite straordinarie dei tanti libri che ho letto.
Leggere è avere un letto pulito e una doccia ovunque nel mondo che si conosce e quello che si vorrebbe conoscere.
È avere una partenza improvvisata che diventa casa.
Provate a leggere i libri di Sandro Bonvissuto. Chiamatelo nelle scuole, invitatelo nelle librerie a spiegare quello che la vita ci sbatterà in faccia prima o poi, per farci desistere ma anche crescere.


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donmichelangelotondo più di un mese fa

Non conosci la Puglia se non la mangi

Di

 Paolo Farina

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Una festa a 5 sensi!

Non conosci la Puglia se non ne assapori i gusti: una vera festa per i tuoi 5 sensi!

Il Mediterraneo è casa nostra, del resto la nostra terra si insinua tra l’Adriatico e lo Ionio sino a guardare alle isole greche e… oltre!

Che scegliate il Salento, il Gargano o la Murgia, troverete ricette per tutti i gusti, sia che siate vegetariani, sia che amiate la carne o il pesce: il nostro patrimonio enogastromico è così ricco e variegato che non teme confronti.

Ovviamente, nei 258 Comuni paesi, anzi: in ogni singola contrada, troverete una declinazione diversa di ricette antiche e sempre nuove.

Insomma, la Puglia non è solo “orecchiette e cime di rapa” (anche se vi consigliamo di assaggiarle: non le scorderete più!).

La carne alla brace o le specialità a base di pesce sono il nostro forte, ma vogliamo parlare della parmigiana, del piatto “riso patate e cozze”, del pane e delle focacce a lievitazione naturale, del nostro olio EVO rigorosamente DOP?

Verdure fresche ad ogni stagione, burrata, mozzarelle e formaggi, “pucce”, “pettole”, pasticciotti e dolci di ogni genere… difficile che possiate resistervi, specie se innaffiati dai nostri vini DOC e IGT: il Negroamaro, l’Aleatico, il Primitivo, solo per fare alcuni nomi.

E se fate indigestione, nessun problema: una bella passeggiata o un’escursione in bike attraverso i nostri ulivi secolari o i nostri vigneti, per visitare agrimusei o masserie didattiche, è giusto quel che ci vuole per smaltire qualche caloria di troppo.

Puglia, se non ci fosse, chi potrebbe inventarla?

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

«Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» Gv 14,21-26.

Oggi viviamo in un mondo in cui "si ama tanto", ma le emozioni trasportano e travolgono molte persone. Il Signore Gesù chiede anche Lui di amare, ma legandosi alla quotidianità, alla stabilità e al "per sempre".

(Prego)

O Padre, trasformami con la luce e la forza del tuo amore per portare agli uomini la novità di salvezza . della Pasqua del tuo Figlio.

(Agisco)

Che le persone da me amate e rispettate possano ricevere un raggio del Suo Amore.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Perdonare se stessi (Paradiso IX)

 
 
 

«Ma lietamente a me medesma indulgo 
la cagion di mia sorte, e non mi noia; 
che parria forse forte al vostro vulgo»

(Paradiso IX, vv.34-36)

Siamo ancora nel Cielo di Venere, il terzo del Paradiso, e ci accomiatiamo da Carlo Martello con una oscura profezia sul futuro della sua discendenza.

Gli subentreranno Cunizza da Romano, sorella del tiranno Ezzelino, e Folchetto di Marsiglia, che fu prima trovatore di liriche d’amore e poi vescovo di Tolosa. I due si diffonderanno, rispettivamente, sul traviamento di chi è assetato di potere, come i contendenti della Marca Trevigiana, e sulla aberrazione di chi invece è preda della smania di avere, come i papi e cardinali, corrotti dalla seduzione del fiorino, coniato nell’opulenta Firenze e allora moneta di scambio tra le più pregiate.

Il canto è molto ricco di riferimenti a personaggi ed eventi storici in gran parte contemporanei di Dante. Non li riassumerò, lasciando al lettore la libertà di misurarsi direttamente col testo. Preferisco soffermarmi sulle parole di Cunizza, citate in esergo, che sono di lì a poco riecheggiate dalla dichiarazione di Folchetto.

Dante ricorre ad una forte allitterazione della “m” – Ma lietamente a me medesma indulgo – per esprimere con quale stato d’animo guardi al suo passato Cunizza, che pare essersi sposata più volte ed essere stata l’amante del trovatore Sordello: con letizia io perdono a me stessa il comportamento che fu origine della mia sorte e non provo rammarico; cosa che al volgo non sarà facile comprendere.

Dal canto suo, Folchetto ribadisce:

«Non però qui si pente, ma si ride,
non de la colpa, ch’a mente non torna,
ma del valor ch’ordinò e provide»

(Paradiso IX, vv. 103-105).

In libera traduzione: nondimeno in questo Cielo non c’è posto per il pentimento, ma solo per il gaudio: non per il ricordo della colpa, cancellato nella nostra mente, ma per via della divina virtù che tutto ciò ha disposto.

Se non si trattasse di parole volute da Dante, il più ortodosso dei poeti, verrebbe da pensare ad un atto di irriverenza, ai limiti della dissacrazione: due beati che, parlando del loro esser stati preda dell’amore sensuale, dichiarano di non aver modo di rammaricarsene, di poter anzi guardare al passato con gioia, di poter persino provare gratitudine nei confronti di un piano “provvidenziale” che li ha visti succubi di passione. E che, ad esempio, ha fatto sì che la prostituta Raab fosse la prima ad essere accolta nel terzo Cielo dopo la discesa agli inferi di Cristo.

Ora, Dante non ha bisogno delle mie difese. Del resto, abbiamo già avuto modo di soffermarci su quanta pietà possa esserci all’Inferno per chi cede all’amore. Preferisco, dunque, lasciarmi suggestionare da parole come “indulgo con gioia a me stessa”, “non provo rammarico”, o anche: sorrido di quelli che sono stati i miei errori.

Perché mi hanno reso ciò che sono. Un uomo e una donna migliore, pur nella sua fallibilità. Un beato: termine che nel linguaggio biblico originario starebbe a significare “uno che sta in piedi con dignità” piuttosto che “uno che sorride come un ebete”.

Stare in piedi nella propria dignità, perdonando i propri errori, in umiltà e non per pusillanimità. Che non sia già questo Paradiso?

Lewis B. Smedes: «Perdonare significa aprire la porta per liberare qualcuno e realizzare che eri tu il prigioniero».

Voltaire: «Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze: questa è la prima legge di natura».

Antonio Porchia: «Sì, questo è il bene: perdonare il male. Non c’è altro bene».

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