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donmichelangelotondo più di un mese fa

La generazione scomparsa

 
Raul Gardini amava molto andare a vela. E' morto, ufficialmente suicida, il 23 luglio 1993

Raul Gardini amava molto andare a vela. E' morto, ufficialmente suicida, il 23 luglio 1993

Leggo in queste sere “Il tuffatore”, il libro che Elena Stancanelli dedica a Raul Gardini. Capisco come si possa essere ossessionati da una figura epica e tragica che ha accompagnato come un rumore di fondo la giovinezza, simbolo di tutto ciò che quel tempo – il tuo tempo – suggeriva, deprecava, ammirava. Sul libro tornerò, intanto due cose sulla “generazione scomparsa”, persone ambiziose, arroganti, capaci di rischiare fino all’azzardo – sul piatto la loro stessa vita.

Era, quello, il tempo della forza e della ferocia. Non della ferocia del web, odiatori inesistenti scatenati dall’algoritmo: no, non questa tempesta di fumo. Era un tempo in cui se volevi sopravvivere dovevi imparare a difenderti nel corpo a corpo oppure andartene, uscire dal campo di gioco, fare il portiere di notte, coltivare corbezzoli. Altrimenti, giocavi. Vivevo in una città di mare, Albertino Fantini era il nostro maestro di vela e un giorno lo vedemmo in tv in testa d’albero sul Moro di Venezia, i campioni di quel gioco erano così: rischiavano ridendo.

La disciplina per allenare il muscolo del coraggio prevedeva (anche) umiliazioni, pianti, solitudine. Nessuno raccoglieva firme se a ginnastica ridevano di te, dovevi capire tu come fare perché smettessero di ridere. Bisognava cavarsela da soli, o imparare a fregarsene. Al tempo della ferocia si è poi sostituito il tempo della condiscendenza: bisogna continuamente stare attenti a non offendere nessuno, a non turbare le identità ma le identità, avevo imparato, si costruiscono nella relazione e si rafforzano nello scontro. Non “in bolla”, dove suscettibili infragiliscono, ma “in campo”: dove anche tu stesso, di te, capisci chi sei, cosa puoi, cosa vuoi.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

La meglio (?) generazione

(afp)
1 minuti di lettura
 
 

La prima cosa bella di martedì 22 febbraio 2022 (2-2-22) è far parte di una generazione che nel suo tempo e nel suo spazio non abbia mai partecipato a una guerra. E’ un destino. O, in minima parte, anche un merito? Sentendo i leader del mondo annunciare la possibilità della “più grande guerra in Europa dal 1945” è logico pensare che immaginino un’estensione del conflitto russo-ucraino al continente. Fa scattare un riflesso. Noi abbiamo avuto la guerra alle porte, nella ex Jugoslavia, ma non ci è mai entrata in casa, o non le abbiamo mai aperto. Chi è nato tra il 1946 e, diciamo, il 1966 si è creato un’aspettativa di vita senza l’eventualità di un conflitto, vecchia o nuova maniera (anche se la nuova, dopo la prima ondata, ricade nella vecchia). Un privilegio, rispetto alle generazioni precedenti (nei secoli dei secoli) e forse anche a quelle future (che di secoli a disposizione ne avranno probabilmente meno). Che cosa abbiamo fatto per meritarcelo? Poco, certo: si è rimasti di lato, vagamente ininfluenti, ci si è trastullati in succedanei, in risiko a teatro e, direbbe Orson Welles, manco si è inventato l’orologio a cucù. Eppure un minimo di decenza bisognerà riconoscerlo alla vita che non ha offeso e perfino alla vituperata specie dell’”uomo guerriero che in tempo di pace si accanisce contro sè stesso”.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

Matteo 16,13-19

<<Voi chi dite...?>>

Che idea abbiamo di lui? Quale esperienza ci siamo concessi per conoscerlo veramente? E' Lui il mio Salvatore dal non senso, dal peccato? O...?

(Prego)

Il giorno risplende di luce
la terra è ripiena di gloria
torniamo a pregarti con fede
o Cristo Signore del mondo.

(Agisco)

Oggi cercherò di mettermi nei panni di pietro e di rispondere in prima persona a quella domanda.

 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

La meglio (?) generazione

(afp)
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La prima cosa bella di martedì 22 febbraio 2022 (2-2-22) è far parte di una generazione che nel suo tempo e nel suo spazio non abbia mai partecipato a una guerra. E’ un destino. O, in minima parte, anche un merito? Sentendo i leader del mondo annunciare la possibilità della “più grande guerra in Europa dal 1945” è logico pensare che immaginino un’estensione del conflitto russo-ucraino al continente. Fa scattare un riflesso. Noi abbiamo avuto la guerra alle porte, nella ex Jugoslavia, ma non ci è mai entrata in casa, o non le abbiamo mai aperto. Chi è nato tra il 1946 e, diciamo, il 1966 si è creato un’aspettativa di vita senza l’eventualità di un conflitto, vecchia o nuova maniera (anche se la nuova, dopo la prima ondata, ricade nella vecchia). Un privilegio, rispetto alle generazioni precedenti (nei secoli dei secoli) e forse anche a quelle future (che di secoli a disposizione ne avranno probabilmente meno). Che cosa abbiamo fatto per meritarcelo? Poco, certo: si è rimasti di lato, vagamente ininfluenti, ci si è trastullati in succedanei, in risiko a teatro e, direbbe Orson Welles, manco si è inventato l’orologio a cucù. Eppure un minimo di decenza bisognerà riconoscerlo alla vita che non ha offeso e perfino alla vituperata specie dell’”uomo guerriero che in tempo di pace si accanisce contro sè stesso”. 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

PRÉVERT

 
 
 

Amore e libertà

Prévert, un artista poliedrico dai natali bretoni le cui tradizioni popolari eserciteranno una grande influenza sulla sua opera, è sempre stato al centro di un prolifico ambiente artistico: la conoscenza del pittore dada Yves Tangy, i suoi rapporti sempre più stretti con i surrealisti (Breton, Aragon, Desnos, Queneau), la vita culturale parigina ove si dedica al teatro sociale promuovendolo attraverso la “Bataille de Fontenoy”, rappresentata a Mosca durante l’Olimpiade Internazionale del Teatro Operaio del 1933 vincendo il primo premio.

Bisognerà aspettare il 1946 per l’uscita delle sue prime due raccolte di poesie “Histoires” e la celebre “Paroles” che riscuote da subito un grandissimo successo, il 1955 per la raccolta “La Pluie et le Beau Temps” è il 1963 per “Histoires, d’autres histoires”.

 

La poesia di Prévert è una poesia scritta per essere raccontata, detta con semplicità e quindi più colloquiale, fatta per entrare a far parte della nostra quotidianità attraverso i ricordi autobiografici, le descrizioni della natura, l’affetto per gli amici e soprattutto i ritratti della Parigi amata, una città sempre viva e vibrante con le sue strade, i suoi ritrovi, i suoi volti e i suoi colori.

Lungo i versi si rivela con intrepida prepotenza il concetto di amore come unica salvezza del mondo:

“[…] Quella luna è il mio capo

dentro cui gira un grande sole blu

E gli occhi tuoi sono questo sole”

(versi estratti da “Il ruscello”).

 

Un amore implorato, sofferto e tradito, ma alla fine sempre ricercato:

“Chi è

Nessuno

È solo il mio cuore che batte

Che batte troppo forte

Per causa tua […]”

“(versi estratti da “Bussano”).

 

“[…]Ed io

Sto qui

Davanti a te

nella musica della felicità

Ma la tua ombra

sulla parete

spia ogni attimo

dei miei giorni

E la mia ombra

fa lo stesso

e spia la tua libertà […]”

(versi estratti da “Ombre”).

 

“[…]piccolo uomo che cantava nella mia testa

[…] la tua fragile voce straziata

infantile e desolata

eco lontana che mi chiamava

e mi son messo la mano sul cuore

dove si agitavano

insanguinate

le sette schegge di vetro del tuo riso stellato”

(versi estratti da “Lo specchio infranto”).

 

Si svelano, così, tutte le struggenti emozioni dolcemente dipinte con maestria dal poeta che mette a nudo attraverso il sentire della sua anima “Il tenero e rischioso volto dell’amore”.

Negli anni i suoi versi sono stati decantati da tutti coloro che con il cuore gonfio d’amore volevano mostrare al mondo la grandezza di questo sentimento in modo semplice, quasi naturale come lo sono le sue “Paroles”.

 

Ci si ritrova, così, ad identificarsi con

I ragazzi che si amano si baciano in piedi

Contro le porte della notte

E i passanti che passano li segnano a dito

Ma i ragazzi che si amano

Non ci sono per nessuno

Ed è la loro ombra soltanto

Che trema nella notte

Stimolando la rabbia dei passanti

La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno

Essi sono altrove molto più lontano della notte

Molto più in alto del giorno

Nell’abbagliante splendore del loro primo amore”

(Poesia “I ragazzi che si amano”).

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Le aquile dell’Asia Centrale

 
 
 

Si intitola ”I Guardiani delle Aquile” (Castelvecchi Editore) il nuovo romanzo di Maria Elisabetta Giudici, un viaggio nell’identità di uomini compenetrati alla madrepatria, l’Asia Centrale come luogo di guerra e speranza, un conflitto che le recenti tensioni fra Russia e Ucraina hanno attualizzato dimenticando l’unico, vero motore mondiale: l’Amore.

Ciao, Maria Elisabetta. Chi sono “I Guardiani delle Aquile”?

I guardiani delle Aquile sono dei cacciatori la cui arma è un’aquila addestrata per anni alla fedeltà e all’obbedienza al suo guardiano. Sono insomma la Natura selvaggia e rispettosa di se stessa che dimora nelle steppe dell’Asia centrale.

 

Il paesaggio delle steppe dell’Asia Centrale quale significato attribuisce al tuo romanzo?

Tutti i miei romanzi sono un dialogo stretto tra immaginazione e realtà che hanno come sfondo un luogo. L’Asia centrale rappresenta il concetto “romantico di natura”, è il luogo dove fuggire dall’eterna ripetizione di se stessi delle città per immergersi in una natura deserta, aspra, selvaggia, magnifica e contaminante.

I recenti conflitti fra Russia e Ucraina sono la prova di quanto atavica e belligerante sia sempre stata la politica sovietica dall’800 ad oggi?

È una risposta difficile da dare. La Russia è sempre stata un impero ed è sempre stata attenta a non perdere territori soprattutto quando è attaccata dall’esterno. L’Ucraina è ai suoi confini, che ritiene giustamente di dover proteggere. Ritengo che in questo caso la politica imperialista la stiano facendo gli Stati Uniti che in tutti i modi stiano cercando pericolose provocazioni e lontani da quei luoghi più di 7.000 Km. Non certo la Russia.

Cosa allevierà l’animo del protagonista Tristan Ek?

Dopo aver pensato al suicidio, sarà la decisione di tornare a quella visione romantica della natura che lo aveva inconsapevolmente rapito, che cancellerà i rimorsi e i sensi di colpa che fino ad allora lo avevano travolto.

Puoi raccontarci la genesi dell’immagine in copertina?

L’immagine di copertina riassume esattamente lo spirito del libro. Un cacciatore con le aquile accanto al suo “amico” cavallo e la sua “amica” aquila di fronte alla libertà assoluta, selvaggia, aspra e meravigliosa del deserto del Kizilkum, “dove i fiumi scorrono come graffi sulla terra spaccata dal sole”.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

Marco 9,14-29

<<Se tu puoi...aiutaci...>>

 

Gesù ci porta al massimo, nonostante le cadute ci chiede di continuare a credere. Lasciamoci guidare da Lui e soprattutto guarire da ogni dubbio, la primavera guarigione.

 

(Prego)

Signore che doni la luce
e vinci la notte del mondo
riuniti nell’unica lode
accoglici come tuoi figli.

 

(Agisco)

Scrivo su un foglio le mie paure lo brucio e col fumo innalzare la mia preghiera di offerta a Lui affinché mi accompagni nel mo cammino di crescita.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Misericordia, non sacrifici (Purgatorio XXXI) 

 https://www.odysseo.it/misericordia-non-sacrifici-purgatorio-xxxi/ 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Almeno provare a riavviare il sistema https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2022/02/20/almeno-provare-a-riavviare-il-sistema/?ref=RHTP-BC-I270682881-P18-S2-T1&__vfz=medium%3Dsharebar 

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