Libero

donmichelangelotondo

  • Uomo
  • 50
  • Andria
Leone

Mi trovi anche qui

ultimo accesso: 19 settembre

Profilo BACHECA 2305

donmichelangelotondo più di un mese fa

Non sprechiamo anche questa crisi

(agf)
1 minuti di lettura
 

Tra gli effetti collaterali dell'invasione russa in Ucraina c’è il fatto che tutti gli altri problemi passano in secondo piano. Non spariscono, anzi, se possibile si complicano, ma non riusciamo ad occuparcene. Prendiamo il riscaldamento globale: ieri è uscito un report delle Nazioni Unite che in altri tempi avrebbe aperto i telegiornali per l'importanza degli scenari raccontati e invece è finito nelle ultime pagine. Era già accaduto con l’emergenza Covid. Allora si disse che non avremmo sprecato quella crisi e che anzi l’avremmo dovuta usare per cambiare in meglio le cose. Non sembra che sia accaduto.

 

Ricordate la mobilità dolce di cui si parlava durante il primo lockdown? L’impegno di ripensare il traffico in città dando spazio a bici e trasporto pubblico per ridurre le emissioni inquinanti? E’ uscito un report europeo e le quattro città italiane analizzate sono in fondo alla classifica. Non è cambiato quasi niente. Faremo lo stesso con la guerra in corso? Passeremo dal gas russo a quello algerino, come forse sarà inevitabile nell’immediato? O ne approfitteremo per diventare finalmente un paese indipendente dal punto di vista energetico puntando dritto e forte sulle rinnovabili? La scelta non va fatta tra un anno, va fatta adesso.

Ci sono decine di progetti fermi al palo per le opposizioni di comitati locali: non si tratta di ignorare le obiezioni nel nome dell’emergenza, si tratta di analizzarle in fretta ma a fondo - accogliendo quelle fondate - e poi decidere. Andare avanti. Se saremo capaci di farlo saremo un paese migliore. Non sprechiamo anche questa crisi.

Ti piace?
3
donmichelangelotondo più di un mese fa

L'eredità messa in pericolo

 
Raffaella si sta per laureare, la specializzazione scelta è Contabilità dello Stato

Raffaella si sta per laureare, la specializzazione scelta è Contabilità dello Stato

Raffaella Granata, 23 anni, Napoli, laureanda in Diritto amministrativo

Non è facile avere vent’anni nel 2022 e non lasciarsi trascinare dallo sconforto. In queste ore che mi costringono in casa, a causa del Covid che sembra non volermi abbandonare, sono costretta a guardare il mondo dallo schermo del computer, e vorrei tanto che quelle immagini, quelle parole, così nitide per le mie sinapsi, si tramutino in segni incomprensibili, come se l’oscurità del linguaggio binario possa trasformare tutto in un gioco. Cerco di distrarmi come posso, ma tutto è spento, incolore, al punto che inizio a pensare che la vera paura che accompagna questo virus non sia il terrore di perdere l’integrità fisica, bensì quella mentale.

Eppure niente mi sembra più reale di quei volti che scorrono imperterriti tra le parole dei giornalisti che si riparano dietro i giubbotti antiproiettili. La mia generazione non conosce la guerra, perché ha avuto la fortuna di sperimentarla solo tra le pagine dei libri, chi più chi meno; è stato semplice piangere per i fotogrammi di Sarajevo che spuntavano dal romanzo di Margaret Mazzantini, per la dedizione degli alleati sulle spiagge di Dunkerque, per le spose bambine di Hosseini, vendute per un sacco di grano, e per i resoconti di Oriana Fallaci dalla sua tenda nella lontana Saigon. Ed è altrettanto semplice rammaricarsi per tutto quello che accade, nel silenzio dei più, ai bambini, alle donne e agli uomini palestinesi, o nelle regioni più recondite dell’Africa nera, in Corea, in Venezuela. Questa guerra invece non ha lacrime, è tutto asciutto, fermo, inossidabile: l’ostinazione con cui cerchiamo di convincerci che non possa essere vero ha lo straordinario potere di proteggerci dal dolore finché riusciamo. È troppo vicina per essere riconosciuta con leggerezza, per essere affrontata con fredda razionalità.

Ci sono altre domande, così incalzanti da terrorizzarmi, cui è necessario trovare una risposta prima di potermi concentrare sulle immagini che arrivano da Est: quando guarirò dal Covid? Cosa farò dopo la laurea? L’Italia riuscirà a superare la crisi post-epidemica? Ma tutto precipita in un turbine impetuoso se penso che questa, per me e per i miei coetanei, potrebbe essere l’ennesima tappa di un viaggio distopico idoneo a far implodere le certezze su cui si sono rette le nostre vite fino a questo momento.

L’Occidente è la tesi, il primo singulto di vita che impariamo a conoscere, lo portiamo sulle spalle con i suoi meriti e le sue contraddizioni, inconsapevolmente. È madre e custode di valori e privilegi, che quotidianamente sperimentiamo senza prestarvi alcuna attenzione: siamo liberi di essere chi siamo a Roma, a Parigi, a Londra, a Budapest, a Kiev. Città lontane eppure così vicine, dove è facile ritrovare un vecchio compagno delle elementari che ha scelto di passare l’Erasmus in una di quelle capitali, dove possiamo scegliere di trascorrere il nostro fine settimana per visitare i loro musei.
È questa possibilità di scelta che non vedo più, dallo schermo del mio computer e dalla finestra della mia stanza. La libertà di un ragazzo di 20 anni, nel Vecchio Continente, di scegliere di non stare da nessuna parte, di vivere come essere umano e non come cittadino di un determinato Paese. La conquista più importante del nostro secolo, del resto, non avrebbe dovuto essere, forse, questa? Abbattere i muri, quelli fisici e quelli invisibili, e dar vita ad una rete di collegamenti così fitta e così potente da superare distanze siderali e generazionali, regalando a tutti la possibilità di far sentire la propria voce senza timore di vederla soffocare. Sono state rese pubbliche tante immagini in questi giorni, dalle più drammatiche alle più poetiche, e non riesco ad allontanare dalla testa quei volti, coperti per metà dalle mascherine chirurgiche, di ragazzi e ragazze come me costretti a salutarsi fino a data da destinarsi. In quel saluto non c’è solo la guerra, che divide i corpi ma unisce le storie, ma c’è il sogno della libertà, l’innocenza dell’indecisione, il regalo più bello della giovinezza, ormai sepolta sotto le macerie della storia, sotto le macerie dell’Ucraina.

Ti piace?
2
donmichelangelotondo più di un mese fa

Toglietegli il fiasco

aggiornato alle 00:01 1 minuti di lettura
 
 

La prima cosa bella di mercoledì 2 marzo 2022 sono le cantine Cricova in Moldavia e la sanzione da applicare, o la scena da film che si potrebbe girare, utilizzando i vini rari del lotto n.275. Queste cantine si trovano a una ventina di chilometri dalla capitale Chisinau. Sono la cosa più curiosa della Moldavia, una città invisibile. Novanta metri sotto terra, oltre cento chilometri di gallerie tappezzate da vini. Migliaia di botti. E depositi di bottiglie pregiate. Qui conservano i loro tesori alcuni degli uomini (e una donna, Angela Merkel) più importanti della terra. Al posto n.275 c’è la collezione personale di Vladimir Putin.

Esistono anche tre sale bunker. Nella più prestigiosa, con una specie di trono a capotavola, Putin ha festeggiato il suo compleanno con un gruppo scelto di amici e molte guardie all’ingresso e nei corridoi. Tra le sanzioni che più lo colpirebbero: toglietegli il fiasco. Niente come vedersi portare via una collezione ferisce chi la possiede. Me l’ha scritto la persona con cui andai là sotto. Al tempo notai che poteva essere un set straordinario per 007 o un film di quel genere. Ambientarci un inseguimento sotto terra, per quei cunicoli infiniti. Lui, mai capito che lavoro facesse, mi guardò annuendo, poi aggiunse che (sempre nel film, sia chiaro) si poteva anche aspettare che tutti fossero nel bunker, occuparsi degli uomini all’esterno, far arrivare un convoglio di cisterne e allagare tutto  (o forse parlò di immettere altre sostanze), lasciandole poi parcheggiate a coprire gli ingressi per un mese. E auguri, disse.

Ti piace?
1
donmichelangelotondo più di un mese fa

I bambini sono già qui

 
Un gruppo di bambini ucraini dopo l'arrivo in Puglia

Un gruppo di bambini ucraini dopo l'arrivo in Puglia

Intanto si è messa in moto la rete del passaparola, tra gli ucraini che vivono in Italia. Nadiya Yamnych, una giovane donna che abita in Puglia, sposata con un italiano, Walter Trento, tramite le sue conoscenze ha chiesto se ci fossero famiglie – a Leopoli, la sua città - che volessero affidarle i bambini per questo periodo. Nel giro di quarantotto ore ha avuto la delega da dodici famiglie, disposte a mandare subito i propri figli in Italia.

Nadiya e Walter sono partiti per andare a prenderli, dopo un viaggio di ritorno faticoso e un poco travagliato i bambini sono arrivati a Cisternino lunedì sera. Nelle foto sono già seduti alle tavole apparecchiate, le mozzarelle nei piatti. Saranno ospitati a gruppi per non separarli. La voce è corsa, nella Valle, e le offerte di ospitalità si sono moltiplicate. Nelle prossime ore potranno partire altri pulmini a prendere altri bimbi. Fabio Macaluso, avvocato, vicino di casa di Nadiya a Cisternino, ha messo un post su Facebook, in italiano e in inglese, che dice così. “Stiamo cercando volontari che si rechino al confine polacco/ucraino con propri mezzi di trasporto (van e pulmini preferiti) per sfollare bambini dal teatro di guerra”.

Ha ricevuto decine di offerte da ogni parte d’Italia. E’ un’iniziativa spontanea come ce ne sono molte, in corso. Si tratta ora di metterle in rete, non disperdere le energie che si manifestano. La riunificazione delle famiglie di persone ucraine che vivono in Italia, l’allarme di chi ha parenti nei paesi confinanti: l’accoglienza sarà il tema delle prossime settimane. Bene il passaparola, meglio un’azione politica coordinata capace di evitare le burocrazie e fare tesoro della disponibilità di chi apre casa.

Ti piace?
2
donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)

Mt 6,1-6.16-18

<<State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro... ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà>>.

La chiesa ci fa entrare oggi, mercoledì delle ceneri, nei quaranta giorni della Quaresima. Nella nostra fragile umanità noi sperimentiamo che abbiamo bisogno di tempi specifici in cui esercitarci con più intensità, cioè dei tempi in cui ricominciare, reiniziare il cammino verso il Signore, riorientare i nostri desideri e, dunque, ritornare a Cristo.

(Prego)

Quaresima è tempo di prova,
cammino nell’arida terra,
ritorno al Dio vivente,
domanda del giorno pasquale.

(Agisco)

Compiere un atto di carità o scelgo le indicazioni proposte dalla Caritas diocesana.

 

BUON QUARESIMA

Ti piace?
1
donmichelangelotondo più di un mese fa

Una per Tutti e Tutti per Una

Di

 Miky Di Corato

 -

La nuova commedia in vernacolo della Compagnia Hurricane

Ma perché intitolarlo “I tre moschettieri” se i protagonisti sono quattro? Probabilmente perchè ad Alexandre Dumas, D’Artagnan stava un po’ sulle scatole. Eppure proprio intorno al più giovane spadaccino del regno ruoteranno gli intrighi avventurosi della nuova commedia in vernacolo della Compagnia Hurricane. Uno spadaccino sui generis, di origini pugliesi, in cerca di avventure piccanti, un coraggioso garzone che arriva a Parigi in un clima infuocato, lo charme transalpino che profuma di ammutinamento e alto tradimento.

Athos, Porthos e Aramis daranno vita a duelli rusticani per accaparrarsi le attenzioni di Milady, al grido di Una per tutti e tutti per una. Subdole macchinazioni altereranno i già labili equilibri di una Francia allo sbando, machiavellici complotti faranno da sfondo a certami cavallereschi in nome di ideali quali liberté, égalité, fraternité …i cio ma fè?

L’ambigua figura del Cardinale Richelieu, poi, farà divertire il pubblico in sala con gag e battute irriverenti da far perdere la testa a tutti, non solo alla povera Maria Antonietta.

Vincenzo Tondolo e Benedetta Tursi, grazie ad un team che fa del dilettantismo la sua professione, portano in scena l’ironia, la comicità e la spensieratezza dimenticate durante la pandemia, lo fanno con l’arguta semplicità che li contraddistingue, mescolando speranza e ottimismo, il cocktail perfetto per un teatro nel teatro, la trasposizione temporale di un classico letterario ubicato nella nostra terra, l’apolide cultura che si incastra, perfettamente, nelle espressioni dialettali , nelle dinamiche familiari e nelle tradizioni socio-culinarie delle nostre case.

E ai medici che consigliavano, con il bonus psicologo, di prendere una pastiglia, rispondono ricordando loro la presa della…Bastiglia!

La Compagnia Hurricane vi aspetta sabato 5,  domenica 6 e 27 marzo, presso l’Auditorium Mons. Di Donna (parrocchia SS. Sacramento)

Ti piace?
donmichelangelotondo più di un mese fa

Il nanismo della “Bugia”

Di

 Salvatore Memeo

 -

Un espediente criminoso nel caso di Putin

Quando la menzogna tenta di coprire la verità, non fa che irrobustirla. Essa accende una tale mole di curiosità rendendo le persone, che erano disinteressate, ad attivarsi per saperne di più. Chi usa la bugia non può farlo ad oltranza poiché se è ripetuta, dal modo come viene espressa da chi la produce, risulta sempre diversa nei particolari e, quindi, viene a mancare di coerenza. È un po’ come di sera: chiudere le persiane e rimanere con la luce accesa e, al medesimo tempo, illudersi di far credere di non essere in casa. Perseverare nella menzogna, prima o poi, uno si scopre. Fa capire insomma che non sta dicendo la verità. Non è solo cosa si dice, anche dagli atteggiamenti uno risulta che sta mentendo.

Ci sono diversi modi di dir bugie e, a secondo l’occasione, assumono vesti e “valori” separati. Non tanto per ciò che riguarda l’atteso risultato da parte del mentitore, quanto alla delicatezza insita o la gravità delle intenzioni per un fine innocente oppure delittuoso, diabolico. Coprire magagne e colpe è la base di ogni fine.

La bugia di un bambino che ruba la marmellata dalla madia e che cerca di non assumersi la colpa non è paragonabile a quella di un assassino, con le evidenti prove di colpevolezza, difficile da ovviare.

Quello che sta accadendo in questi giorni in Ucraina, con l’armata russa non chiamata ma presentatasi, senza “bussare”, per rivendicare (non si comprende cosa), un diritto inesistente: è un atto che sforna bugie a non finire. Servono per mantenere nitida l’immagine dell’usurpatore e dei suoi accoliti sostenitori. È in questi casi che le bugie si gonfiano a un punto tale da far stupire i fratelli Montgolfier…

Non parliamo dei media e delle loro bugie scritte o filmate: chi conta i morti dell’altro, ne trova sempre di più che non i diretti interessati. Una bomba caduta su di un ospedale no, non era nemica, ma amica. Le ragioni del conflitto sono ingrassate da menzogne, da far sembrare: un “Cul de sac”, una “Sackgasse”, la “nuova” via d’uscita per la libertà e la pace.

La bugia è un espediente “criminoso” atto a incrementare un fabbisogno egoistico dell’uomo. Essa non tiene conto dei risvolti e dei muri contro i quali potrà sbattere e quali conseguenze, danni, per sé e per gli altri, possa causare. Nessuno, dico nessuno: nemmeno chi scrive può giurare di non aver mai fatto uso di menzogna per avvalersi di un qualcosa lecita, illecitamente. Che sia stata lieve e spontanea, grave e meditata, una bugia rimane sempre una forma aliena di ricatto, un fine illecito.

È una discarica ricoperta di neve; un vino adulterato e imbottigliato con ingannevole etichetta; un uovo senza guscio; un arrivista “magnate”.

Plutarco è ricordato come uomo integerrimo e dalle virtù morali, ma “possedeva schiavi”. Si racconta che, uno di questi, mentre veniva picchiato, dietro ordine del suo “padrone”, per una sua mancanza commessa, gli rammentava che simili atti non erano nei suoi principi morali. Plutarco gli rispose che la punizione che gli stava infliggendo non gli recava alcun sentimento di odio: lo si poteva notare dal suo aspetto sereno. Era un fatto dovuto…

Che non sia la stessa cosa quella di Putin con l’Ucraina? Una lezione per una docile, accondiscendente sudditanza: una forma di schiavismo nei fatti?

Nel quadro d’insieme possiamo affermare che, mantenendo le distanze con la realtà: il tutto può sembrare ineffabile. A metterci naso, occhio e cuore, l’aspetto delle cose, invece, si rivelano per quel che sono. Nel caso di Putin e delle sue aspirazioni, bugie comprese: è una situazione talmente grave, che, per i suoi sviluppi negativi possibili, resta indicibile.

“Ama l’Arte; tra tutte le menzogne è ancora quella che mente di meno”. (Gustave Flaubert)

“Non tutte le verità sono gradite, mentre tutte le menzogne sembra lo siano…”. (Suzanne Brohan, attrice francese)

“L’ideale non è che la verità vista da lontano” (Alphonse De Lamartine)

“L’uomo non smette di rivelarsi bugia assoluta: si ostina a farlo in un Creato di bellezze e verità” (Salvatore Memeo)

Ti piace?
donmichelangelotondo più di un mese fa

La Dad discriminante

 
Adriana è co-founder dei Legal Hackers Bari e segretario della Commissione Informatica del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari

Adriana è co-founder dei Legal Hackers Bari e segretario della Commissione Informatica del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari

Adriana Augenti, 47 anni, Bari, avvocato, si occupa da 20 anni di temi legati al digitale

Sul tema Didattica a distanza, oltre che tra studenti vaccinati e studenti non vaccinati, c’è un “vaso di coccio”, che incarna uno dei tanti paradossi a cui stiamo assistendo in questo periodo: gli studenti, anche quelli vaccinati, ma affetti da altre patologie. Ebbene, per questi ultimi, la Dad non si attiva: non è previsto per legge. Ditemi se questa non è discriminazione. Sono un’avvocata di Bari, mi occupo di diritti e digitale da circa 20 anni, e sono una mamma. Ed è in quest’ultima qualità che ho avuto l’occasione di imbattermi in una forma di grave, ritengo, discriminazione.

Le scrivo perciò per denunciare questa ennesimo paradosso a cui ci ha esposto la pandemia e spero che, in considerazione della sua sensibilità, lei voglia condividere. Prendendo le mosse dalle condizioni di salute di mio figlio, per fortuna transitorie, sto approfondendo una delle tante ambiguità della normativa emergenziale che, come anticipato, crea una intollerabile disparità di trattamento a discapito di tutti quei soggetti, dico meglio, alunni, NON malati di COVID ma affetti da altre patologie.

Mio figlio al momento è affetto da una patologia acuta delle vie respiratorie che non gli consente di frequentare le attività scolastiche in presenza, ma non COVID. Mio figlio è a casa da molti giorni ma, nonostante le mie ripetute richieste, non può essere messo in Dad. Un suo compagno, risultato positivo al COVID è “in classe” dal giorno dopo a quello in cui ha comunicato alla scuola la sua positività. Vi è una logica in questo? No, non vi è una logica nel periodo emergenziale; e mi chiedo cosa accadrà quando l'emergenza sarà finita.

Se vogliamo trovare qualcosa di positivo in questa pandemia, va rinvenuta nel fatto di aver imposto un'accelerazione al processo di digitalizzazione. In particolare, per quanto riguarda la scuola, proprio al fine di poter consentire il soddisfacimento di un duplice ordine di diritti: l'obbligo scolastico e il diritto allo studio. Sono stati fatti sforzi e adottati provvedimenti al fine di dotare famiglie e docenti della tecnologia necessaria alla didattica a distanza, nonché per adeguare gli stessi Istituti e consentire connettività e copertura. E così, pur con tempistiche non sempre consone e con modalità differenziate, tutte le scuole di ogni ordine e grado si sono adeguate al dettato normativo emergenziale che, come ricorderemo, ha impedito il rientro alla didattica in presenza per lungo, lunghissimo tempo. La didattica a distanza è stata attivata pressoché in ogni Istituto, perfino nella scuola dell’infanzia, tanto nel pubblico quanto nel privato.

Una minuscola vittoria della digitalizzazione, che sicuramente chi come me si occupa di digitale da tanti anni avrebbe preferito vedere avverarsi già negli anni passati e per cause diverse. Ma oggi c’è! Se abbiamo lottato per il rientro alla scuola in presenza non è certo per abbandonare tutti i passi avanti che sono stati fatti nel processo di digitalizzazione. Le norme “uguali per tutti” vanno rispettate, ma possiamo denunciarne la incoerenza interna che “promuove”, paradossalmente, la diseguaglianza. Il Paese e la Scuola, devono chiedersi di cosa fare tesoro per promuovere diritto allo studio e favorire l’assolvimento dell’obbligo scolastico.

Ti piace?
1
donmichelangelotondo più di un mese fa

Il senso di Zelensky per Twitter

(ansa)
1 minuti di lettura
 

In questa epica resistenza ucraina colpisce il senso di Vladimir Zelensky per Twitter. La capacità di utilizzarlo per dare rapidamente informazioni essenziali, su tutte il fatto di essere ancora vivo e non in fuga mentre si diceva il contrario; o per galvanizzare i suoi concittadini quando l'avanzata russa ha improvvisamente rallentato; e per tenere relazioni diplomatiche, prima spronando l’Europa e gli Stati Uniti a fare di più, e poi rivelando gli impegni di aiuti concreti che sta ottenendo via via nelle telefonate con i vari leader. Il profilo Twitter di Zelensky, dove si alternano post in inglese e in ucraino, è stato fin qui essenziale per capire quello che stava accadendo. Ma più in generale si sta rivelando fondamentale ancora una volta Twitter.

Quando il gioco si fa duro, quando accadono cose davvero importanti, questo social network è imprescindibile. Da questo punto di vista invece l’invasione russa in Ucraina conferma il sostanziale declino di Facebook, che pure in passato ebbe un ruolo importante in occasione simili, per esempio nella primavera araba; e si evidenzia la scarsa permeabilità ai grandi fatti di cronaca di Instagram, utile solo per condividere delle foto; mentre su TikTok ci sono migliaia di video che raccontano momenti degli scontri armati, è vero, ma fondamentalmente sono video privi di contesto; li guardi, ascolti gli spari e le esplosioni, ma mancano le storie.. Quel contesto che invece su Twitter si ritrova seguendo i racconti minuto per minuto di due giornali di Kiev, ma anche il profilo del presidente della Russia, dove si dà conto asetticamente di incontri e telefonate di Putin. Su tutti svetta Zelensky che è lì che ci guarda negli occhi e ci parla, restituendo una umanità e una vicinanza a quello che sta accadendo. La posta in gioco non è lontana, ci ricorda, la posta in gioco siamo noi. 

Ti piace?
1
donmichelangelotondo più di un mese fa

Una scala per scendere

 
Silvio Berlusconi ospite di Vladimir Putin di cui, cortesemente, indossava la giacca a vento

Silvio Berlusconi ospite di Vladimir Putin di cui, cortesemente, indossava la giacca a vento

Siccome non conosco Putin non posso parlare di lui, decifrarne motivazioni e intenzioni. Ho conosciuto però, in decenni di lavoro da cronista, molte persone affette dal disturbo del sé grandioso: quello per cui, a uno stadio moderato di patologia, pensi che tutto dipenda da te e a te si riferisca. Via via acutizzandosi provoca delirio di controllo, ossessione del nemico, certezza di essere vittime di un complotto (traditi, spiati), celebrazione di un piccolo gruppo di devoti definiti amici fino al delirio di onnipotenza e di impunità, talvolta alternato a gesti vistosi di generosità  – sempre finalizzati alla celebrazione del proprio potere.

Quando l’azione si traduce in crimine è davvero molto raro che una sanzione possa fare da deterrente. Non ho mai visto un uomo che uccide la moglie fermarsi a riflettere su quanti anni di carcere rischia, o rinunciare se il suo cantante preferito posta un video contro la violenza. Nel caso di un capitano d’industria o di Stato semmai sono i soldi, in qualche caso, a fare da sirena. Non tanto i tuoi – tu sei affetto da delirio, non contempli la disgrazia - ma quelli dei tuoi amici (i devoti) che, rischiando di perderli, potrebbero abbandonarti e/o destituirti.

C’è poi la questione dell’orgoglio, della reputazione. L’egolatra non sopporta l’umiliazione pubblica, lo innervosisce ulteriormente. Nella prima cyberguerra in diretta sui social Anonymous che hackera il sito del tuo governo, l’universo mondo che diffonde notizie manipolate e le getta in rete come molotov, le star di TikTok che fabbricano meme combattono una battaglia parallela dagli esiti incerti. Ai matti, insegnano i vecchi, bisogna sempre lasciar lì una scala per scendere dall’albero.

Ti piace?
, , , , , , , , , , , , ,