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Il momento del congedo

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I cittadini di Odessa scavano trincee in difesa della città

I cittadini di Odessa scavano trincee in difesa della città

La ragazza di Odessa con cui sono in corrispondenza, la cui prima lettera ho condiviso qui qualche giorno fa, mi scrive “sappiamo bene che sbarcheranno qui, è questione di poco”. Dice che vorrebbe arruolarsi nelle milizie territoriali “molte donne vanno e non importa se non sai usare le armi, impari presto. Ma dovrei lasciare sola mia madre che ha difficoltà a camminare, soprattutto a fare le scale, abitiamo al quarto piano e lei non vuole abbandonare la casa. Come posso lasciarla sola? I miei fratelli sono già andati, io devo restare con lei anche se restare è una condanna”.

Di tutti i gironi infernali in cui la guerra trasforma la vita questo di chi parte e di chi resta, nelle famiglie, è il più doloroso. Forse perché racconta la vigilia di decisioni che possono essere senza ritorno: tutti sappiamo quanto sia difficile muovere il primo passo, aprire la porta e uscire, dire le parole del congedo, separarsi. Dopo, il resto accade. Dopo vai, sei partito, devi vivere e lottare, sei altrove. È il momento distacco quello che chiama in causa le ragioni ultime: decidere se andare o fermarsi, riuscire a farlo.

I genitori che si congedano dai figli attraverso i finestrini dei treni e dei bus: quel momento. Che sia consapevole è già un privilegio. Di peggio c’è solo essere partiti per la guerra senza sapere che fosse una guerra. Essere militari di leva, tua madre che ti pensa a un’esercitazione e domanda dove ti mando il pacco. Trovarsi prigioniero di qualcuno che ti porge un telefono per chiamare casa e dire sono in guerra, mamma. Non averlo capito, non essersi salutati come chi non sa se tornerà a vedersi. Non aver avuto neppure quello sguardo di congedo, sulla soglia, da conservare.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Tutti insieme

di Gabriele Romagnoli
 

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La prima cosa bella di venerdì 4 marzo 2022 è quell'istintiva accelerazione per tornare prima a casa che viene compiuta quando, in un notiziario o una conversazione, sbuca la parola "nucleare". 

Mi torna in mente mia madre, quand'ero bambino e si facevano le vacanze insieme: io, lei e mio padre. Ogni volta che si prendeva una funivia o imboccava una strada con tornanti e strapiombo lei diceva la stessa frase: "Almeno se moriamo adesso sono contenta, perché siamo tutti insieme". Avrei avuto da obiettare che avendo otto o dieci anni la mia contentezza era proporzionata, ma il suo punto di vista era indiscutibile. Credo molte madri lo abbiano espresso.

Riaffiora in tutti noi quell'idea: nel caso, non finire da soli. Come nella scena finale di Don't look up: una cena in famiglia, perdonandosi tutto, con l'aggiunta di amici che si amano. E' un riflesso condizionato: senti dire "terza guerra mondiale" o "atomica" e ti viene di mollare tutto e tornare a casa o dove a casa ti senti. Significa che a questo vagare di particelle nel cosmo hai dato un centro; che qualcosa da salvare ce l'avresti; che se anche non ci sarà, la tua eredità c'è stata. E ora scusate, devo andare.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo)  

Luca 5,33-35

«...a verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».

Nella nostra diocesi oggi festeggiamo la Sacra Spina...e all’inizio del cammino quaresimale cittadino Gesù desidera andare al cuore della legge al centro del nostro cuore, cogliendovi il senso profondo che è sempre la relazione con Dio e con gli altri ciò che dona senso alla vita.

(Prego)

Creatore d’ogni cosa buona
che chiami l’uomo all’esistenza
la tua memoria è nostra vita
e orienta noi al tuo Regno.

(Agisco)

Di cosa mi nutro? Di cosa mi sostengo?

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Perché l'Ucraina chiede aiuto ad Apple e Google

(agf)
1 minuti di lettura
 
 

Nella guerra della Russa in Ucraina il fronte digitale si allarga. Lunedì per effetto delle sanzioni è diventato impossibile per i russi abbonarsi a Netflix e Spotify e contestualmente Netflix ha deciso di non obbedire alla legge russa che gli impone di trasmettere un certo numero di ore di propaganda putiniana. Qualcuno mi ha chiesto: senza Netflix e Spotify le sorti della guerra possono cambiare? Ovviamente no, come ha detto ieri il presidente ucraino Zelensky, “questo non è un film”. Ma la svolta delle grandi aziende tecnologiche occidentali può avere un peso.

Poco fa il ministro ucraino per il digitale Fedorov, che all’inizio del conflitto aveva chiamato a raccolta gli hacker di tutto il mondo per difendere il suo paese, ha detto che due mosse possono segnare la fine del regime di Putin: l’uscita dalla Russia dei circuiti bancari di Visa e MasterCard e il blocco degli store delle app di Apple e Google. Questo, ha concluso, “può colpire il regime in maniera irrevocabile”. Subito dopo Apple ha chiuso il suo store digitale in Russia e ha rimosso le notizie che vengono da Russia Today e Sputnik, due testate di propaganda putiniana. Lo stesso farà in giornata Twitter, che come abbiamo detto, è il social network più importante in questa fase. Mentre piovono le bombe sulle città ucraine, l’impatto di queste mosse non va sopravvalutato ma neanche minimizzato: solo sei mesi fa Apple e Google ricevettero dal governo russo l’ordine di rimuovere una app sviluppata dal partito dell’oppositore Navalny per organizzare gli elettori in vista del voto. Allora Apple e Google obbedirono. E il partito di Putin alle elezioni trionfò. Questa volta stiamo provando a scrivere una storia diversa. 

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Nel 2023

aggiornato alle 00:01 1 minuti di lettura
 
 

La prima cosa bella di giovedì 3 marzo 2022 è il sollievo con cui superiamo le date apocalittiche segnate da certi libri, film o canzoni che ci parevano lontane e spaventose, eppure eccole.

Nel 1974 David Bowie cantò 1984: “Il cambiamento non è libero, l’hai letto nei fondi del tè e le tracce sono in tv. Apriranno il tuo bel cranio e lo riempiranno d’aria, ti diranno che hai ottant’anni ma, amico, non te ne importerà nulla: ti farai di qualsiasi cosa e il domani non arriverà mai. Fa’ attenzione alle fauci feroci del 1984!”. Allora lessi il libro di Orwell e pensai di tapparmi in casa per dieci anni. Invece siamo sopravvissuti anche se qualcosa si è avverato.

Poi è arrivato il 1997 e non siamo fuggiti da New York (io ci andai anzi a vivere), anche se quattro anni dopo ne abbiamo avuto la tentazione. Era il 2001 e quel che accadde fu niente in confronto alla possibile odissea nello spazio e alla dittatura di Hal.

 

Così oggi mi ronza in testa Dalida che canta Nel 2023 e mi sovviene la parte finale: “Diecimila anni son passati, l'uomo crede di aver raggiunto Dio, d'avere in mano il mondo, di conquistare il sole, ma se ti volti indietro le rose sono vive, la pioggia cade ancora, le cose belle sono antiche. Nel 2023 io non ci sarò più ma tu mi cercherai nell’infinito”. E mi ostino o a pensare che la ascolteremo ancora nel 2024.  

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Cosa è assurdo a teatro e fuori

 
Federica Fracassi e Michele Di Mauro in scena con "Le sedie" di Ionesco

Federica Fracassi e Michele Di Mauro in scena con "Le sedie" di Ionesco

Sarà che tutto ci parla di noi. Che ogni cosa cambia senso mano a mano che cambia il senso di quel che ci riguarda. O sarà che siamo qui, mentre i bambini sfollano sotto le bombe, a chiederci se la famosa soprano o il celebre tenore debbano fare abiura anziché limitarsi a cantare. Perché come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, ci domandiamo e chiediamo loro: come potete. Ma poi. Possiamo noi giudicare l’arte a partire dalla condotta di vita di chi la esprime, siamo certi che una vita retta – giusta? Da che prospettiva? – sia la condizione che rende l’arte luminosa e degna? Non lo siamo, direi.

Abbattere le statue di Dostoevksij, cancellare e poi precipitosamente ripristinare lezioni su “L’idiota” qualifica chi lo propone, che non deve aver letto “L’idiota”, e non sposta Putin dalla sua rotta, certamente. Ho visto ieri in teatro “Le sedie” di Ionesco, il gran rumeno, genio a lungo oscurato per delitto di scorrettezza politica, in vita e dopo. Il teatro era pieno di ragazzi, come sempre capita al Vascello, Roma. Il vecchio e la vecchia, i due protagonisti, siedono a mezza costa di un declivio di macerie.

Ci deve essere stata un’apocalisse, forse il fuori non esiste più, alla festa non arrivano che fantasmi, di una città il cui nome iniziava per P, detta ville lumiere, c’è scarso barlume di memoria. Una farsa tragica scritta settant’anni fa. Settanta. Federica Fracassi, regina della scena, impeccabile e struggente in vestaglia stracciata, un grande Michele Di Mauro, regia di Valerio Binasco, scene e luci di Nicolas Bovey, premiato per questo con l’Ubu. Si ride tanto e si piange un poco, ci si commuove sempre e si sta meglio, dopo. Si vede più nitido il mondo lì fuori.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

(Leggo) Matteo Lc 9,22-25

 

In quel tempo Gesù disse: «Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

La via di Gesù che lo condurrà al Calvario è irta, piena di lacci e insidie, è fatta di rifiuti di riconoscersi creature in comunione con altre creature e come tali degne di rispetto, sempre e comunque: al di là di ogni provenienza, appartenenza religiosa, politica, sociale. La salita di Gesù al patibolo continua ieri come oggi a essere memoriale delle tante vite squarciate dalla violenza, è una via ai cui lati giacciono i cadaveri dei morti sepolti dalle macerie dell’oppressione dei poteri politici ed economici violenti e guerrafondai.

 

(Prego)

Sapremo nel deserto
resistere al maligno
nell’ora della lotta
il Nome tuo invocare?

 

(Agisco)

Non è rubando o tenendo strette nelle proprie mani la vita che ci si arricchisce, ma donando.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

NON POSSO NON TACERE

 

https://www.andriaviva.it/notizie/cultura-della-legalita-e-politiche-di-sicurezza-ad-andria-il-cittadino-sia-parte-attiva-del-cambiamento/

 

Ieri, nel nostro quartiere abbiamo vissuto questa bella serata. Certamente non son stati risolti tutti i problemi legati alla criminalità o alla sicurezza. Però è servito per raccontarci e riflettere.
La frase evangelica ascoltata domenica scorsa "prima di vedere la pagliuzza altrui guarda la trave che hai" Luca 6,39-45) sia stata da sempre fortemente fraintesa. Gesù con questa esortazione non vuole dirci che non dobbiamo correggere per paura di non essere accettati, perché noi incoerenti o per paura di subire poi un contraddittorio, in quanto ognuno di noi può commettere degli errori! Ma occorre poter dire o denunciare, perché  «se io dico al  malvagio: "malvagio tu morirai", e tu non parli perché il  malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, Ma tu ti sarai salvato» (Ezechiele 33,9). Ecco...penso che la relazione Nitti (16 aprile 2021) almeno in diocesi (fu riportata anche nel giornale diocesano "Insieme") fece molto scalpore da un lato e dall'altro suscitò il desiderio di rivalsa, perché dava conferma, certezza e comunque evidenza di come questa maledetta "mafia predatoria" è reale e vera. Però poi certe cose vanno dette e divulgate!  Inoltre, se fosse mai possibile, comprendere il motivo che spinge a delinquere! Forse anche solo per un guadagno facile? Troppo poco... può essere il senso di dignità? Una parola che Mattarella ha ripetuto ben 18 volte nel discorso del suo insediamento come presidente. Sentirsi importanti,valorizzati (essere cercati per recuperare le cose rubate dietro compenso😡 o per altro...)? Come educare alla ricerca della dignità personale senza calpestare quella altrui? Ecco,nessuna pozione magica ma solo buon cammino a noi (famiglie,scuola,parrocchia, istituzioni) nell'inseguire la buona e bella dignità! Grazie ancora...

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