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Lo smart working e la guerra

di Riccardo Luna
 

Lo smart working e la guerra

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Quando scoppiò la pandemia, improvvisamente scoprimmo lo smart working: eravamo in lockdown e senza il lavoro da casa sarebbe stata molto più dura. Si sarebbe davvero fermato tutto. Poi lo abbiamo archiviato, rapidamente: un ministro ha addirittura detto che era ora di tornare a lavorare davvero, tradendo una concezione novecentesca del lavoro. 

 

E se ora lo smartworking fosse una delle soluzioni possibili da adottare per far fronte alla crisi energetica aggravata dalla guerra? L’Agenzia internazionale dell’energia ha appena pubblicato un piano in dieci mosse per cambiare stili di vita e risparmiare 2,7 milioni di barili di petrolio al giorno: nel piano ci sono incentivi per i mezzi pubblici, car sharing e treni notturni, ma c’è anche lo smart working. Lavorare da casa fino a tre giorni alla settimana, ove possibile, consente di risparmiare circa 500 mila barili di petrolio al giorno. 

 

Insomma vale la pena di rifletterci davvero: lavorando da casa tre giorni a settimana si riduce enormemente il traffico delle città, con il relativo inquinamento dell’aria; si riducono i consumi di benzina; e una parte del costo della bolletta elettrica si scarica sul lavoratore e su questo andrà fatto un ragionamento. Ma ci sarebbe un miglioramento della qualità della vita. Senza che il lavoro ne risenta: tutte le indagini fatte finora dimostrano infatti che un lavoratore più autonomo e legato ai risultati e non alla presenza fisica in ufficio un certo numero di ore, è più produttivo. Che aspettiamo?

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Lo Sputnik, i russi e la burocrazia

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Una fiala di Sputnik V, l'ultima versione del vaccino elaborato in Russia

Una fiala di Sputnik V, l'ultima versione del vaccino elaborato in Russia

Non vorrei trasformare questa rubrica in un’antologia di “cose che non capisco”, ma siccome non mi trovo in questa battaglia fra indiani e cow boys – il dibattito pubblico – e siccome la guerra che si combatte è anche, moltissimo, una guerra di notizie bisogna essere certi e se è il caso dirlo: non ho capito. E’ partita, avrete notato, la campagna contro quelli che si sono “fatti corrompere” dai russi dello Sputnik, il vaccino. Non ci sono, mi sembra, prove evidenti per ora: magari arriveranno.

Passo indietro. Non ho capito quale fosse la reale missione degli ufficiali russi arrivati a Bergamo nel marzo 2020, in piena pandemia. Leggo di trenta ventilatori mezzi rotti, di ingenti spese a carico dello Stato italiano. Cosa sono venuti a fare? Compiti sanitari, di intelligence? Il capo del governo dell’epoca, Giuseppe Conte, potrebbe forse spiegarlo. Passo avanti: non ho capito la frenesia di parecchi presidenti di regione ansiosi di acquistare il vaccino russo non autorizzato dall’Ema, l’autorità che ha regolato le nostre vite per due anni.

Leggo che il direttore dell’istituto Gamaleya di Mosca intendeva procedere per “accordi bilaterali con gli Stati” evitando “l’apparato burocratico delle agenzie regolatorie”, ci è in parte riuscito. Quindi l’Ema è un apparato burocratico evitabile? Chi si è attenuto al suo Verbo era un allocco? Poi c’è lo Spallanzani, che – leggo ancora – ha abbandonato Reithera per fare ricerca su Sputnik, e c’è qualcuno lì che dice di aver avuto proposte economiche per farlo. Che strana storia, no? Fra un Dpcm sui congiunti e uno su quanti metri si potessero percorrere per buttare l’immondizia: lo Sputnik, gli amici russi, le istituzioni che evitano la burocrazia.

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Nostra sorella del 19 luglio

di Gabriele Romagnoli
 

Nostra sorella del 19 luglio

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La prima cosa bella di venerdì 25 marzo 2022 è la nostra sorella del 19 luglio. Luglio del '43. Non è un gioco di parole, numeri, date. Lei sta a pagina 150 del romanzo di Walter Veltroni La scelta

Tutto ruota intorno al bombardamento di San Lorenzo, con cui gli alleati scuotono la fiducia dei romani non soltanto nel regime, ma nello scudo del Papa, del Colosseo, della Storia. Nel trambusto i due ragazzi protagonisti hanno perso di vista la madre e quando il cielo torna chiaro la cercano correndo per ogni strada. Vedono questa donna riversa sul corpo di una ragazza bruna con una gonna a fiori, una camicetta bianca insanguinata e "il viso che non c'è più". La donna l'abbraccia, la culla, la chiama con il nome che è quello di sua figlia, convinta che sia lei.

Invece sua figlia, con il fratello, è a pochi passi: bionda, con altri vestiti. Come ha potuto confonderla? Perché rimane così attaccata all'altra anche quando la vera figlia si fa avanti? Perché i suoi occhi restano vuoti, senza sollievo né gioia? Perché anche l'altra è sua figlia: l'anagrafe è un caso, la famiglia quella che si costruisce vivendo e la pietà universale. O tutte queste parole non sono niente: lettere scure su fondo chiaro, fiato che si aggrega e qualunque lingua è straniera.

Ogni ragazza che muore oggi in Ucraina o nello Yemen è nostra sorella del 25 marzo. O siamo niente. 

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(Leggo)
Lc 1,26-38 
«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te»

 

Nella penombra di una casa, nel nascondimento dell’umiltà, la novità di Dio, lo straordinario che si fa evento, viene a visitare questa periferia esistenziale, per trasformarla nel centro della gioia. Il racconto dell’annunciazione sembra insegnare che si comincia da poco. Nazaret è poca cosa, la casa della ragazza è poca cosa. Quindi, avvenga quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto...

 

(Prego) Sei tu beata, Vergine Maria
che in obbedienza accogli la parola
attesa con speranza dai profeti
riscatto delle lacrime di Eva.

 

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Papa: «Pazzia l’aumento spesa armi al 2% del Pil, mi sono vergognato»

Le parole durante l’udienza al Centro Femminile Italiano: il suo intervento arriva nelle stesse ore del vertice Nato di Bruxelles, dove il tema dell'incremento dei budget per la difesa è uno di quelli sul tavolo

di Carlo Marroni

Ucraina, Papa: comprare e fare armi non è la soluzione

I punti chiave

2' di lettura

«Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». Lo ha detto papa Francesco durante l’udienza al Centro Femminile Italiano. «La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari - ha affermato il Pontefice -, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali».

«La buona politica non può venire dalla sopraffazione»

Da giorni il Papa è tornato con maggiore decisione sul tema della spesa per armamenti, e il suo intervento arriva nelle stesse ore del vertice Nato di Bruxelles, dove il tema dell'incremento dei budget per la difesa è uno di quelli sul tavolo. Tra l'altro nei giorni scorsi la Germania ha annunciato proprio il target del 2%, e anche l'Italia – come confermato da Mario Draghi – si pone su questa prospettiva. «E’ ormai evidente che la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, no, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune», ha detto papa Bergoglio ricevendo in Udienza le partecipanti all’Incontro promosso dal Centro Femmi

La risposta non sono neppure «altre sanzioni»

«Lo prova, purtroppo negativamente, è la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo. Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica». «La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra - ha osservato Francesco -: guerre regionali non sono mai mancate, per questo io ho detto che eravamo nella ’terza guerra mondiale a pezzetti’, un po’ dappertutto, fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero».

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La denuncia del «potere economico-tecnocratico-militare»

Per Francesco il problema di base è lo stesso - ha sottolineato -: «Si continua a governare il mondo come uno ’scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri”. «La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni», ha indicato, aggiungendo ’a braccio’, «io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!», e ancora “altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».

 

https://www.ilsole24ore.com/art/papa-pazzia-l-aumento-spesa-armi-2percento-pilmi-sono-vergognato-AE3ceWMB

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Cose e idee che la guerra si è portata via

Cose e idee che la guerra si è portata via
(fotogramma)
Un evento con la capacità di cambiare tutto. Non solo la vita pratica ma anche come percepiamo il mondo
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Ci sono degli avvenimenti che hanno la capacità di cambiare tutto. Non solo la vita pratica ma anche come percepiamo il mondo. L'importanza che diamo o non diamo a certe cose. La scala dei valori. Era stato così con il covid, e in particolare il primo lockdown, e sta accadendo con la guerra in Ucraina.

 

Giovedì sarà un mese dall’inizio dell’invasione e le bombe si sono portate via anche molti dei discorsi che facevamo prima. L’importanza eccezionale del metaverso per esempio, o degli Nft: quando c’è la guerra vera, dei mondi virtuali non sai bene cosa farci. E poi il lancio della nuova app di Donald Trump, Truth, già scomparsa dai radar. E i nuovi prodotti Apple che hanno fatto sembrare vecchissimi i precedenti, ma esattamente come sempre. E gli smartphone fatti con la plastica recuperata dagli oceani per salvare il mondo, una espressione che non si può sentire davanti a venti milioni di profughi.

 

Ma sono cambiate anche alcune convinzioni che sembravano destinate a durare: l’idea che le fake news fossero il nostro principale problema; o che i social network fossero la causa di molti mali del mondo a partire dall’odio; che TikTok potesse ospitare solo video scemi; e infine l’illusione che Anonymous, la misteriosa legione di hacker che si batte contro i soprusi, potesse avere un ruolo determinante in una guerra.

 
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Tra blocchi e sanzioni è anche tramontata l’idea di un world wide web, una grande rete per unire il mondo: Internet appare sempre più divisa da muri inaccessibili: a seconda di dove sei, vedi cose diverse. E infine è entrata in crisi l’idea, tutta italica, che l’energia non fosse poi un grande problema e che potessimo dire no al carbone, no al petrolio, no al nucleare e no anche alle rinnovabili e cavarcela con il gas russo.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

E allora gli altri, e allora io

 
Un palazzo bombardato a Mariupol, città simbolo della guerra

Un palazzo bombardato a Mariupol, città simbolo della guerra

Ammettiamo che ci sia qualcosa da discutere, quando un Paese rade al suolo le città di un altro. Ammettiamo che di fronte alla scomparsa di Mariupol dalla carta geografica, avvenuta sotto i nostri occhi, si possa affacciare un pensiero diverso da: io, concretamente, cosa posso fare? E’ l’unica domanda che mi viene in mente ogni minuto. Dato che non posso essere lì a testimoniare, a impedire che le persone muoiano senza avere altra colpa che essere nate in quel luogo: in che altro modo posso dare senso alla mia esistenza di essere umano contemporaneo a quelle vittime?

Non intendo dire con questo che le discussioni siano (tutte) oziose. Servono, quando tendono e portano a un risultato concreto: capire qualcosa di incompreso, trovare una strada. Non servono altro che a se stesse, invece, e alla vanità di chi le incarna, quando l’unico loro scopo è quello di vincere a ping pong nel tempo stretto di un dibattito. Cosa vince, esattamente, chi vince? Fa un brindisi a se stesso e va a letto soddisfatto?

La retorica della discussione dominante, desolante, è nella formula “e allora?”. Ieri accennavo alla condanna di Navalny. Un sopruso manifesto. Le reazioni, direi tutte, sono state: e allora Assange? Io questa logica non la capisco. Non capisco chi dice Putin? E allora il Vietnam, la Crimea, l’Iraq. Meno ancora, davvero sono al buio, capisco chi dice: e allora il green pass? Ma cosa c’entra. Cosa c’entra il Covid con il delirio di onnipotenza di Putin. E anche ammesso che si possa convenire che sì, l’America la Nato l’Europa la Germania il mio prozio abbiano avuto torto, quella volta: in che modo questo mi esenta dal chiedermi come posso io aiutare chi ha bisogno, ora. Non lo capisco.

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donmichelangelotondo più di un mese fa

Le nevi perenni

Le nevi perenni
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La prima cosa bella di giovedì 24 marzo 2022 è che c’erano una volta le nevi perenni e che dovremmo difendere come fossero storia e famiglia quelle che sono rimaste. La pandemia, la guerra in Europa, gli amici e conoscenti che ti annunciano su Instagram “di aver iniziato un percorso che richiede coraggio”. Spengo tutto e vado via, a cercare qualcosa che resta. Una volta qui era tutto bianco, fino alla fine della primavera. E’ un ghiacciaio, sopra i tremila metri, doveva essere per sempre. Invece. Ha nevicato a novembre. “Poi uno starnuto”, dice la guida, a febbraio. E poi più niente. La pista da sci è una corsia da bowling. La montagna è calva. Il ghiacciaio una cuffia bianca che si ritira a ogni lavaggio. Guardiamo altrove e ci stiamo dimenticando che il mondo come l’abbiamo conosciuto sta finendo in un’altra maniera. Che niente più durerà quanto avremmo creduto. La neve era una questione di gentilezza. Il ghiaccio di resistenza. Senza, possiamo soltanto scivolare nell’ovvio, nel destino già scritto. Ti sei chiesto quando è stata l’ultima volta che ti ha piovuto in faccia? Devi avere una ditta di ombrelli per soffrirne? Se non dura questo, di certo non dureremo noi. Non sarebbe più bello riuscirci?  

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donmichelangelotondo più di un mese fa

"Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde." (Lc 11,23).

 

Aiutaci Signore a stare dalla tua parte!

 

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