La donna bruciava di passione, l’uomo era gelido. Ma la loro relazione d’amore, seppur in crisi da tempo, non veniva interrotta. L’esperienza del servizio a Corte, quantunque non avesse rivestito un ruolo di grande importanza, aveva avvolto i gesti e le parole di lei in un’ombra di eleganza. Man mano che le sere degli incontri si susseguivano, la donna si preoccupava di rendere la sua casa sempre più bella e accogliente, comprando i mobili e gli oggetti più raffinati della capitale. Ma oltre ad essere così attenta e premurosa, ella possedeva una delle virtù più grandi per una dama di Corte; la modestia, dote così rara e così utile a calmare le inquietudini di quell’uomo.
Questa donna aveva un caro amico d’infanzia che negli ultimi tempi, ricevuta la tonsura, si stava dedicando a pratiche ascetiche presso un tempio di montagna vicino alla capitale. Nonostante l’isolamento e la meditazione, l’indomabile fiamma della passione ardeva furiosa nell’anima di quest’uomo che, trasgredendo le rigide regole del suo monastero e rischiando non poche volte di essere scoperto, le aveva spesso scritto confessandole il suo amore. Quando in autunno l’indifferenza del cortigiano penetrò nell’animo della dama, lei a poco a poco volse il cuore verso quel monaco buddhista che da tanto tempo la stava aspettando.
Il risentimento e la rabbia nei confronti dell’amante spingevano il suo affetto in quella nuova direzione, ma l’orgoglio non le permetteva di abbandonarsi all’improvviso a un uomo che fini allora aveva trattato con tanta freddezza. A volte poi temeva addirittura di perdere entrambi. La contraddittorietà dei suoi stati d’animo le causava quelle perplessità e quelle afflizioni caratteristiche delle donne dell’epoca.
Il paragrafo che segue è la descrizione degli intrighi che in seguito furono intessuti. Una confessione costruita a mo’ di racconto che la triste dama scrisse con grande passione, e che molto tempo dopo inviò a quel freddo cortigiano quando lui, ahimè, l’aveva già dimenticata. Non ridiamo di essa, della sua ingenuità. Non è una banale imitazione della moda letteraria delle dame di Corte, ma l’infelice storia di un’anima tormentata.
Yukio Mishima - La foresta in fiore