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LabileAurora

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LabileAurora 29 marzo

 

 

La donna bruciava di passione, l’uomo era gelido. Ma la loro relazione d’amore, seppur in crisi da tempo, non veniva interrotta. L’esperienza del servizio a Corte, quantunque non avesse rivestito un ruolo di grande importanza, aveva avvolto i gesti e le parole di lei in un’ombra di eleganza. Man mano che le sere degli incontri si susseguivano, la donna si preoccupava di rendere la sua casa sempre più bella e accogliente, comprando i mobili e gli oggetti più raffinati della capitale. Ma oltre ad essere così attenta e premurosa, ella possedeva una delle virtù più grandi per una dama di Corte; la modestia, dote così rara e così utile a calmare le inquietudini di quell’uomo.

Questa donna aveva un caro amico d’infanzia che negli ultimi tempi, ricevuta la tonsura, si stava dedicando a pratiche ascetiche presso un tempio di montagna vicino alla capitale. Nonostante l’isolamento e la meditazione, l’indomabile fiamma della passione ardeva furiosa nell’anima di quest’uomo che, trasgredendo le rigide regole del suo monastero e rischiando non poche volte di essere scoperto, le aveva spesso scritto confessandole il suo amore. Quando in autunno l’indifferenza del cortigiano penetrò nell’animo della dama, lei a poco a poco volse il cuore verso quel monaco buddhista che da tanto tempo la stava aspettando.

Il risentimento e la rabbia nei confronti dell’amante spingevano il suo affetto in quella nuova direzione, ma l’orgoglio non le permetteva di abbandonarsi all’improvviso a un uomo che fini allora aveva trattato con tanta freddezza. A volte poi temeva addirittura di perdere entrambi. La contraddittorietà dei suoi stati d’animo le causava quelle perplessità e quelle afflizioni caratteristiche delle donne dell’epoca.

Il paragrafo che segue è la descrizione degli intrighi che in seguito furono intessuti. Una confessione costruita a mo’ di racconto che la triste dama scrisse con grande passione, e che molto tempo dopo inviò a quel freddo cortigiano quando lui, ahimè, l’aveva già dimenticata. Non ridiamo di essa, della sua ingenuità. Non è una banale imitazione della moda letteraria delle dame di Corte, ma l’infelice storia di un’anima tormentata.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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LabileAurora 22 marzo

 


Maxence Fermine - NEVE

 

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LabileAurora 04 marzo

 

 

 

"... Allora pensò che per quanto la vita sia incomprensibile, probabilmente noi la attraversiamo con l'unico desiderio di ritornare all'inferno che ci ha generati, e di abitarvi al fianco di chi, una volta, da quell'inferno, ci ha salvato. Provò a chiedersi da dove venisse quell'assurda fedeltà all'orrore, ma scoprì di non avere risposte. Capiva solo che nulla è più forte di quell'istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell'istante per anni. Solo pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre. In un lungo inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d'improvviso clemente. E senza sangue."  

 

Alessandro Baricco - Senza sangue

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L’era Heian mostrava i colori della decadenza, e ovunque crescevano i boschi di gru. Le voci del disordine che regnava nei feudi arrivavano fino alle orecchie del popolo.

Questo racconto scritto intorno all’anno Mille, è stato dedicato a un mio lontano e oscuro antenato, un cortigiano di grado abbastanza elevato. Il libro è ancora oggi accuratamente nascosto nello scantinato della nostra casa. Ogni volta che lo leggo, riconosco nella straordinaria passione dell’autrice un carattere distintivo di tutta la mia stirpe. Il volume è stato per lunghi anni nella nostra casa, stabilendo con la mia famiglia un legame indissolubile. L’autrice di questo racconto era una donna di piccola nobiltà, in fin dei conti non era legata da nessun rapporto di parentela con i miei avi, tuttavia l’antenato di cui ho parlato ebbe con lei una relazione segreta, facendole visita durante le notti di una lontana estate. Il racconto comincia con le reminiscenze di questo periodo.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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La dama in realtà cosa aveva visto? Dopo essermi tormentato a lungo con questo interrogativo, le mie riflessioni mi hanno portato a concludere che l’incredibile esperienza vissuta da quella donna sia stata opera del desiderio. Un desiderio che da tempo stava crescendo dietro di lei. Gli antenati dovevano aver gettato nel suo nobile cuore i semi di una passione inappagabile, che in quel fertile humus erano presto germogliati; poi a un passo dalla manifestazione della Madre quei germogli traboccanti di vita non avevano potuto far altro che schiudersi.

Lo schiudersi dei fiori è la nascita della vita. Quando fiorisce il loto, nel lago avvolto dalla nebbia profonda i pesci dormono, e sulle larghe foglie tonde riposano insetti dalle diafane ali azzurre. Nessuno ode lo schiudersi del loto, ma il suono che si leva dal fluttuante fiore fugace echeggia come una campana nei lontani villaggi al di là dei fiumi e dei monti. Qualcuno lo scambia per il batter d’ali dei polli nella stia, o per il primo vagito di una vita umana che apre gli occhi verso il cielo azzurro. E gli uomini credono in quell’inganno per tutta la loro esistenza, finché non riascoltano quel suono in punto di morte, finché non ascoltano per la seconda volta il suono del fiore di loto che ha attraversato monti e fiumi, e finalmente comprendono il vero significato della vita.

La dama era salita sulla maestosa torre con la forza di un bocciolo che sta per schiudersi. Il desiderio era sbocciato e si era lanciato contro quella visione pura a sacra. Se il suo prorompente desiderio non le fosse volato incontro, quella donna non sarebbe mai apparsa. Per l’eternità nel cuore della dama sarebbe rimasta nascosta solo l’idea di un colore sfumato e informe.

Nel sorriso della donna della visione c’era qualcosa di misterioso e di irresistibile, il pericolo disegna spesso questo sorriso enigmatico sulle labbra degli uomini. Quella donna si era avvicinata rapida e decisa per fuggire da un inevitabile abisso, ma in un batter di ciglio era scomparsa. Ma no! Cosa dico. Chi aveva sfiorato l’abisso era stata proprio la dama Hiroaki: la giovane donna doveva aver visto distintamente il confine fra cielo e terra, come quel prete che aveva conosciuto in passato aveva visto con i propri occhi le profondità delle tenebre.

Per questa pericolosa esperienza che gli esseri umani raramente affrontano, dopo circa sei mesi la dama ritornò nella pace divina.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

 

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In queste pagine del diario il tratto del pennello è incerto, e vi sono molte righe strambe e disordinate. A differenza degli altri giorni in cui le espressioni si allineano fredde e precise, in queste pagine le frasi non sembrano appartenere a lei, sembrano essere sbocciate come “piccoli fiori”.

L’unica persona a cui raccontò di questo miracolo fu un prete spagnolo di vecchia conoscenza, il quale non riferì mai a nessuno altro l’episodio, né tantomeno ne fece uno strumento di evangelizzazione, dimostrando di essere un uomo di grande virtù.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Ma ora la dama aveva paura, e se quella non fosse stata altro che un’allucinazione? Cominciò a pentirsi dell’attimo in cui si era così profondamente concentrata sull’osservazione.

“Ah, se avessi chiuso gli occhi e mi fossi inginocchiata a pregare. Allora non avrei avuto dubbi, la verità si sarebbe manifestata con sembianze immacolate.”

La gioia prese di nuovo il posto del pentimento e il suo corpo, come sempre accadeva ogni volta che avvenivano questi repentini cambiamenti d’umore, si gonfiò come una vela al vento. Alla fine si inginocchiò e la sua preghiera volò in tutte le direzioni come uno stormo di colombe.

La nuova preghiera è la rivelazione dell’energia vitale. Il corpo della giovane dama, leggero ed evanescente, si era tramutato in pura energia. Al termine della sua lunga preghiera, la donna ritornò alla realtà come se si fosse svegliata di soprassalto, e guardò intorno impaurita. Le nuvole pregne di pioggia dall’orizzonte si avvicinavano alla cima della torre a velocità impressionante; la dama osservava stupita il paesaggio che sembrava tingersi di inchiostro leggero. Ebbe la sensazione di sentire alle sue spalle una piccola melodia, si voltò e vide un’ape che volava emettendo il suo languido lamento. Sospeso alla grondaia c’era un’alveare, solo ora si accorgeva delle numerose api che volavano sullo scenario sfumato del mare…

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Era confusa, non c’erano dubbi che vedeva quella donna per la prima volta, eppure era convinta di averla già incontrata. Avrebbe voluto osservarla meglio, ma il viso era celato dai riflessi del sole. A un tratto, per un mutamento della luce, il volto della donna si fece chiaro e sul petto un piccolo oggetto appuntito emanò un intenso bagliore. L’intuizione folgorò la dama. Quel volto guardava nella sua direzione con un vago sorriso. Provò un senso di vertigine, e un attimo dopo non vide più niente. Un dolore acuto s diffuse lentamente nel suo cuore. Quella donna era la Madre Santissima, e l’oggetto che aveva visto brillare sul suo petto era il crocifisso, istintivamente toccò la croce che aveva al collo. Immaginò di trovarsi dall’altro lato, su quella lontana montagna e di osservare da lì la propria figura, inconsciamente la sua immagine si sovrappose a quella della Madre. Tremò per l’arroganza del suo cuore e volle subito inginocchiarsi per chiedere perdono, ma c’era qualcosa che glielo impediva. Non riusciva a fare nulla, si sentiva completamente vuota, l’emozione l’avvolgeva spogliandola di tutto il resto. Un’emozione in cui non c’era né gioia né dolore, un’emozione che era pura energia vitale.

Gli esseri umani possano avere per un attimo la percezione totale delle cose. Un’esperienza spaventosa e meravigliosa al tempo stesso, per cui non possono che sentire una profonda riconoscenza. Tuttavia in quell’attimo sublime, pur potendo osservare “tutto” non ne afferrano il senso. C’è bisogno di tempo perché gli strati profondi della loro coscienza diano significato all’apparenza delle “cose viste”.

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La dama ricordava. Un giorno di primavera dell’anno precedente, quando il marito stava ancora bene, erano andati insieme alla servitù a raccogliere erbe vicino alla cavità della montagna. L’erba tenera stava appena spuntando e sulle soffici e delicate foglie delle piante si vedevano chiare le sottili venature. Il prato  che rivestiva la superficie della cavità era tappezzato di fiori e, a poca distanza da esso,  si scorgeva una piccola cascata dove accorreva solo un filo d’acqua. Da qualche parte doveva essere nascosta una fresca sorgente. Ma da quel punto in poi il sentiero si faceva molto pericoloso, e seppure a malincuore dovettero ritornare, Man mano che questi ricordi si facevano più forti, lei fissava attentamente la lontana cavità, che da quella distanza sembrava una minuscola nicchia.

Il suo sguardo rivelava una preghiera angosciosa. Una preghiera limpida in cui lei stessa non era cosciente, una preghiera brevissima e potente capace di smuovere la volontà di Dio. Il desiderio con uno splendido battito d’ali si levò dalla sua anima e volò lontano.

In quel momento in mezzo ai luminosi gigli della cavità, la dama vide una massa bianca e indistinta che splendeva con la stessa energia dei fiori. Sembrava un tronco d’albero, ma ondeggiava flessuosa. La donna concentrò lo sguardo su di essa ed ebbe la sensazione che si avvicinasse. Il sole estivo inondava l’atmosfera, dalla verde e afosa valle fin sulla cima dell’alta collina era tutto un abbagliante e caldo luccichio. La dama aguzzò ancor di più lo sguardo e in un batter di ciglia quella massa si fece più chiara. L’immagine era confusa, ma sembrava una donna dai capelli lunghi e lucenti che indossava una lunga veste bianca. Accanto a quel candore abbacinante si intravedeva una luce bianca, piccola come un punto: era un giglio che stringeva nella mano. Una donna con abiti così nobili ed eleganti non si sarebbe potuta incontrare neanche nella capitale, cosa ci faceva mai in quel recesso di montagna? Ma la dama era così affascinata da quella visione che la sua mente non fu neppure sfiorata da simili domande.

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Guardando in basso, i muri bianchi e i muri ricoperti di tegole e intonaco, che circondavano il perimetro del castello, si confondevano intersecandosi tra loro. Gli alberi splendevano alla luce del sole e dal fogliame dei ciliegi si sentiva il canto sordo delle cicale. Il verde che ricopriva tutta la montagna creava una delicata armonia fra i colori tenui e il luccichio delle foglie. Nei pressi della cima il vento soffiava impetuoso e la luminosità degli alberi si spezzava sibilando. In un’ampia cavità della montagna gli alberi si facevano radi, e la luce riverberava abbagliante sull’erba e sui pochi tronchi. Le macchie candide che si vedevano sparse qui e là in mezzo al prato luminoso dovevano essere gigli. L’aria era limpidissima, soffiava una brezza profumata e tutto ciò che splendeva al sole restava immobile come un istante di paradiso. La dama aveva la sensazione di riuscire a sfiorare con le mani quelle montagne lontane, e il mare azzurro pallido all’orizzonte. Dentro di lei bruciava silenzioso il profondo orgoglio di poter raggiungere tutte le cose. In questi momenti sul suo volto smunto e pallido apparivano i colori brillanti di una gioia rara. La mano destra, delicata e piena come un cuscino di morbidissima seta bianca, sfiorava lievemente il crocifisso di argento brunito che portava al collo. Era forse quel contatto a donarle quella gioia soprannaturale? 

Yukio Mishima - La foresta in fiore

 

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