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LabileAurora

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LabileAurora 07 dicembre

 

 

Giunsi a una foresta di alberi decapitati, donne scolpite nel bambù, carne percossa come quella degli schiavi nella schiavitù senza gioia, facce tagliate in due dal coltello dello scultore mostravano due profili separati per sempre, due facce per l’eternità, e toccava a me girare intorno per poter contemplare la donna da ogni parte. Figure mozze di endecagono, undici lati, undici angoli, in legno venato e vulnerabile, frammenti di corpi, corpi privi di braccia e di testa. Il torso di una tuberosa, il ginocchio di Achille, tubercoli ed escrescenze, il piede di una mummia in legno marcito, il docile legno venato modellato in contorsioni umane. La foresta deve piangere e curvarsi come le spalle di un uomo, figure morte dentro alberi vivi. Una foresta adesso animata da facce intellettuali, contorsioni intellettuali. Gli alberi diventano uomini e donne, bifronti, nostalgici del fremito delle foglie. Alberi reclinati, arbusti splendenti e la foresta trema di una ribellione così amara che l’ho sentita lamentarsi nella sua profonda consapevolezza di foresta. Lamentava la perdita delle sue foglie e il fallimento della trasmutazione.

Anais Nin - House Of Incest

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LabileAurora 23 novembre

 

Didascalia

 

Guardai un orologio per leggere la verità. Le ore passavano come le figure di avorio degli scacchi, battendo note di piano, i minuti si inseguivano su fili montati come soldati di latta. Ore come alte donne d’ebano come gong tra le gambe che risuonavano di continuo tanto da non poterne tenere il conto. Sentivo battere le pulsazioni del cuore, udivo i passi dei miei sogni e il battere del tempo si perdeva tra loro come il volto delle verità.

Anais Nin - House of Incest

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LabileAurora 18 novembre

 

 

Ogni cosa doveva restare immobile e ogni cosa andava in rovina. Il sole era stato inchiodato sul tetto del cielo e la luna era stata immersa profondamente nella sua nicchia orientale.

 

Nella casa dell’incesto c’era una stanza che non si trovava, una stanza senza finestre, la fortezza del loro amore, una stanza senza finestre dove la mente e il sangue si fondevano in una unione senza orgasmo e senza radici come i pesci. Sguardi e frasi promiscue senza scintille che si coniugano nello spazio. L’urto tra le loro somiglianze, si spande l’odore della tamerice e della sabbia, di gusci marci e di alghe morte, il loro amore come inchiostro di seppia, un banchetto di veleni.

Anais Nin - House of Incest

 

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LabileAurora 10 novembre

 

 

Le stanze erano incatenate tra loro da gradini – nessuna era allo stesso livello dell’altra – e tutti i gradini erano consumati in profondità. C’erano finestre tra le stanze, piccole finestre con spioncini, così che si poteva parlarsi nel buio da una stanza all’altra, senza vedersi in volto. Le stanze erano dense del ritmico palpitare del mare che prorompeva dalle tante conchiglie. Le finestre si affacciavano su un mare immobile, dove pesci immobili erano stati incollati su fondali dipinti. Ogni cosa era stata fatta per restare immobile nella casa dell’incesto, perché tutti avevano una grande paura del movimento e del calore, una così grande paura che tutto l’amore e tutta la vita potessero scorrere via e disperdersi.

Anais Nin - House Of Incest

 

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LabileAurora 26 ottobre

 

 

Mi condusse nella casa dell’incesto. Era la sola casa a non essere compresa nelle dodici case dello zodiaco. Non vi giungeva né la strada della via lattea né la nave di vetro attraverso il cui fondo trasparente si poteva seguire il profilo dei continenti perduti, non vi si giungeva seguendo la freccia puntata nella direzione del vento e nemmeno seguendo la voce degli echi montani.

Anais Nin - House of Incest

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LabileAurora 23 ottobre

 

 

Quando mio fratello sedeva al sole e l’ombra del suo viso si disegnava sullo schienale della sedia, io baciavo quell’ombra. Baciavo la sua ombra e quel bacio non lo toccava, quel bacio si perdeva nell’aria e si confondeva con l’ombra. Il nostro reciproco amore è come il bacio di una lunga ombra, senza alcuna speranza di realtà.

Anais Nin - House of Incest

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LabileAurora più di un mese fa

 

Su una nave di zaffiro veleggiavo per mari di corallo. Stavo a prua e cantavo. Il mio canto gonfiava le vele e le lacerava; dove erano state strappate i lembi erano bruciati e la mia voce smembrava persino le nuvole.

Anais Nin - House of Incest

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LabileAurora più di un mese fa

 

“Bisogna che la donna scriva se stessa: che la donna scriva della donna e che avvicini le donne alla scrittura, da cui sono state allontanate con la stessa violenza con la quale sono state allontanate dal loro corpo; per gli stessi motivi, dalla stessa legge e con lo stesso scopo mortale. La donna deve mettersi nel testo – come nel mondo e nella storia – di sua iniziativa”

Hélène Cixous, Il riso di Medusa

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LabileAurora più di un mese fa

 

 

"La donna lascia parlare l'altra lingua dalle mille lingue, che non conosce né il muro, né la morte. Alla vita non rifiuta nulla. La sua lingua non contiene, essa porta, essa non trattiene, essa rende possibile".

Hélene Cixous, Il riso della Medusa

 

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LabileAurora più di un mese fa

 

 

La donna bruciava di passione, l’uomo era gelido. Ma la loro relazione d’amore, seppur in crisi da tempo, non veniva interrotta. L’esperienza del servizio a Corte, quantunque non avesse rivestito un ruolo di grande importanza, aveva avvolto i gesti e le parole di lei in un’ombra di eleganza. Man mano che le sere degli incontri si susseguivano, la donna si preoccupava di rendere la sua casa sempre più bella e accogliente, comprando i mobili e gli oggetti più raffinati della capitale. Ma oltre ad essere così attenta e premurosa, ella possedeva una delle virtù più grandi per una dama di Corte; la modestia, dote così rara e così utile a calmare le inquietudini di quell’uomo.

Questa donna aveva un caro amico d’infanzia che negli ultimi tempi, ricevuta la tonsura, si stava dedicando a pratiche ascetiche presso un tempio di montagna vicino alla capitale. Nonostante l’isolamento e la meditazione, l’indomabile fiamma della passione ardeva furiosa nell’anima di quest’uomo che, trasgredendo le rigide regole del suo monastero e rischiando non poche volte di essere scoperto, le aveva spesso scritto confessandole il suo amore. Quando in autunno l’indifferenza del cortigiano penetrò nell’animo della dama, lei a poco a poco volse il cuore verso quel monaco buddhista che da tanto tempo la stava aspettando.

Il risentimento e la rabbia nei confronti dell’amante spingevano il suo affetto in quella nuova direzione, ma l’orgoglio non le permetteva di abbandonarsi all’improvviso a un uomo che fini allora aveva trattato con tanta freddezza. A volte poi temeva addirittura di perdere entrambi. La contraddittorietà dei suoi stati d’animo le causava quelle perplessità e quelle afflizioni caratteristiche delle donne dell’epoca.

Il paragrafo che segue è la descrizione degli intrighi che in seguito furono intessuti. Una confessione costruita a mo’ di racconto che la triste dama scrisse con grande passione, e che molto tempo dopo inviò a quel freddo cortigiano quando lui, ahimè, l’aveva già dimenticata. Non ridiamo di essa, della sua ingenuità. Non è una banale imitazione della moda letteraria delle dame di Corte, ma l’infelice storia di un’anima tormentata.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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