Giunsi a una foresta di alberi decapitati, donne scolpite nel bambù, carne percossa come quella degli schiavi nella schiavitù senza gioia, facce tagliate in due dal coltello dello scultore mostravano due profili separati per sempre, due facce per l’eternità, e toccava a me girare intorno per poter contemplare la donna da ogni parte. Figure mozze di endecagono, undici lati, undici angoli, in legno venato e vulnerabile, frammenti di corpi, corpi privi di braccia e di testa. Il torso di una tuberosa, il ginocchio di Achille, tubercoli ed escrescenze, il piede di una mummia in legno marcito, il docile legno venato modellato in contorsioni umane. La foresta deve piangere e curvarsi come le spalle di un uomo, figure morte dentro alberi vivi. Una foresta adesso animata da facce intellettuali, contorsioni intellettuali. Gli alberi diventano uomini e donne, bifronti, nostalgici del fremito delle foglie. Alberi reclinati, arbusti splendenti e la foresta trema di una ribellione così amara che l’ho sentita lamentarsi nella sua profonda consapevolezza di foresta. Lamentava la perdita delle sue foglie e il fallimento della trasmutazione.
Anais Nin - House Of Incest









