Ordinò alla cameriera di restare nella camera e uscì nel corridoio scuro e gelido illuminato appena da una luce fioca proveniente dal soffitto. Salì per una vecchia scala che emetteva freddi scricchiolii, guardò in alto e vide una luce chiara come quella del paradiso.
Giunta in cima alla torre, si sporse dal parapetto e si trovò finalmente di fronte alle sembianze e all’atmosfera della stagione. Il sole cocente riverberava allegro sui pilastri e sul muro ricoperti di polvere, conferendo perfino a questi elementi inanimati un aspetto gioioso. In lontananza, nella parte bassa del castello, si intravedeva il portale. Da quel punto, su una dolce pendenza che arrivava sino al mare, la città allineava i neri e bassi tetti sovrapposti che brillavano al sole rovente come oggetti di lacca. Sembravano i relitti di un’inondazione che traboccavano dalle strette strade e si riversavano con furia selvaggia in ogni direzione. Alla periferia della città si vedeva il mare scuro e calmo, al di sopra del quale il cielo era così nuvoloso che non si riusciva a scorgere la linea dell’orizzonte. Le nuvole sature di pioggia si ammassavano uniformi solo in quella zona, simili a uno strato di umida terra sabbiosa. Alla dama sembrò di udire lontano il rombo di un tuono: il cielo rifletteva il suo spirito malinconico e avvilito. Aveva la sensazione che l’estendersi di quelle dense nuvole avrebbe ingrandito le sue sofferenze. La donna distolse lo sguardo dallo scenario, si allontanò dal punto in cui si trovava e si avvicinò alla parte opposta del parapetto. Poiché il castello era situato in un’ampia valle, da quella posizione si scorgevano alcune placide montagne. Una di queste si ergeva in lontananza proprio di fronte al belvedere, con accanto una dolce collina che, più bassa, le si addossava come ci si accoccola vicino a un intimo amico.
Yukio Mishima - La foresta in fiore