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LabileAurora

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Ordinò alla cameriera di restare nella camera e uscì nel corridoio scuro e gelido illuminato appena da una luce fioca proveniente dal soffitto. Salì per una vecchia scala che emetteva freddi scricchiolii, guardò in alto e vide una luce chiara come quella del paradiso.

Giunta in cima alla torre, si sporse dal parapetto e si trovò finalmente di fronte alle sembianze e all’atmosfera della stagione. Il sole cocente riverberava allegro sui pilastri e sul muro ricoperti di polvere, conferendo perfino a questi elementi inanimati un aspetto gioioso. In lontananza, nella parte bassa del castello, si intravedeva il portale. Da quel punto, su una dolce pendenza che arrivava sino al mare, la città allineava i neri e bassi tetti sovrapposti che brillavano al sole rovente come oggetti di lacca. Sembravano i relitti di un’inondazione che traboccavano dalle strette strade e si riversavano con furia selvaggia in ogni direzione. Alla periferia della città si vedeva il mare scuro e calmo, al di sopra del quale il cielo era così nuvoloso che non si riusciva a scorgere la linea dell’orizzonte. Le nuvole sature di pioggia si ammassavano uniformi solo in quella zona, simili a uno strato di umida terra sabbiosa. Alla dama sembrò di udire lontano il rombo di un tuono: il cielo rifletteva il suo spirito malinconico e avvilito. Aveva la sensazione che l’estendersi di quelle dense nuvole avrebbe ingrandito le sue sofferenze. La donna distolse lo sguardo dallo scenario, si allontanò dal punto in cui si trovava e si avvicinò alla parte opposta del parapetto. Poiché il castello era situato in un’ampia valle, da quella posizione si scorgevano alcune placide montagne. Una di queste si ergeva in lontananza proprio di fronte al belvedere, con accanto una dolce collina che, più bassa, le si addossava come ci si accoccola vicino a un intimo amico.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Io so dove sono nascosti i miei desideri. Essi sono come un fiume che scorre veloce, qualsiasi punto della sua corrente muta di continuo. Gli uomini non fanno in tempo a guardarlo che esso è già cambiato. I loro sguardi non possono fermarlo perché è eterno. I miei desideri devono essere lì, dove si sono sempre nascosti i desideri dei miei antenati. Cosa abbastanza insolita, i miei avi appartengono sia alla classe militare sia all’aristocrazia. Quando mi recavo con mio padre e mia madre nei luoghi di origine della mia famiglia, lungo il percorso del treno, un incantevole fiume appariva e scompariva come se volesse proteggere il nostro viaggio. Ah quel fiume, io lo capivo. Capivo il segreto messaggio che trasmetteva dagli antenati a me: i tuoi desideri non sono morti, si celano da qualche parte. E in quel luogo recondito fioriscono come rose in un’antica siepe di bambù. Per mia nonna e mia madre il fiume dei desideri scorreva sotto terra. Per mio padre era diventato un piccolo ruscello. Per me… ah, se si trasformasse in un grande fiume impetuoso, maestoso come una tessitura di damasco, solenne come un canto celebrativo degli Dei.

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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Han Kang - L'ora di greco

 

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Se la neve è silenzio che scende dal cielo, la pioggia forse è un'interminabile catena di frasi.

Parole che cadono sui marciapiedi, sui tetti dei palazzi di cemento, sulle pozzanghere nere, e rimbalzano.

Lettere della mia lingua madre avviluppate in gocce d'acqua nere.

Tratti dritti e rotondi, sfuggenti.

Virgole e interrogativi che si incurvano.

 

Han Kang - L'ora di greco

 

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Han Kang - L'ora di greco
 

 

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Kaho Nashiki - Le bugie del mare

 

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“Sedici anni per la strada e si imparano tante cose. Ma tutte quelle sbagliate, non quelle che vuoi imparare. Sedici anni per la strada e vedi tante cose. Ma tutte le cose sbagliate, non quelle che vuoi vedere.”

S.E. Hinton - The Outsiders, I ragazzi della 56a strada

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R̶e̶v̶e̶r̶s̶e̶ ̶i̶n̶ ̶B̶l̶a̶n̶c̶u̶r̶a̶


͜͜͜͝͝͝͠
͠͡

"Non raccontate mai niente a nessuno.
Se lo fate, poi comincia a mancarvi chiunque.
"

J.D. Salinger - Il Giovane Holden
 
 

 

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LabileAurora 01 maggio

 

 

In quel tempo il bambino sognava spesso il tram. La sua casa era grande, con un ampio pavimenti lastricato, un enorme cancello di ferro e un muro di mattoni. Davanti a essa passava uno scuro e angusto sentiero: nei suoi sogni il tram attraversava proprio quella stretta via. Un tram senza passeggeri né conducente arrivava da una grande strada luminosa di un antico mondo sconosciuto – la luce abbagliante sembrava versata da un secchio – e procedeva impetuoso nell’oscura stradina. Il bambino sentiva nitido lo stridio delle rotaie simile al digrignare dei denti di un malato. L’oscurità si gonfiava come una tenda. Intorno al tram dai finestrini vuoti e splendidamente illuminati, fluttuavano stelle rosse e verdi simili alle scintille di girandole di latta. Il vecchio tram, del tutto simile a un trenino giocattolo, produceva un suono stupendo e correva davanti al cancello, per quella stretta via dove nessuno lo aveva mai visto passare. …Il bambino ascoltava attento. Ormai non si sentiva più. Di nuovo il fischio lontano del treno notturno. Eppure solo un attimo prima il tram, sprigionando tutta la sua meravigliosa energia, era venuto giù per la discesa come una giovane stella cadente. Ormai avrà già voltato impetuoso l’angolo della torretta di guardia antincendio, che durante la notte lascia chiusi gli shõji traslucidi, gialli e illuminati. Il bambino, chissà quando, ha aperto gli occhi, la lancetta dei secondi dell’orologio a muro emette un suono simile al mormorio di piccole onde. Per un po’ gli ornamenti della stanza assumono l’aspetto di tesori sconosciuti, l’orologio batte le ore. L’attenzione rivolta a quel suono riconduce il bambino nel sogno…

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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LabileAurora 27 aprile

 

 

Nella casa dove sono nato, a notte alta, spesso riecheggiava il fischio del treno. Alle orecchie di un bambino che non riusciva a prendere sonno, spaventato dalle intricate venature delle assi del soffitto, quel fischio sembrava troppo debole per essere un rumore, risuonava piuttosto come una dolce e sconosciuta melodia. In lontananza le voci della capitale si levavano improvvise. La nebbia d’autunno passava attraverso il cancello posteriore simile ad un branco di bianchi animali. Come silenziosi fuochi d’artificio essa esplodeva e si espandeva in tutte le direzioni. Avvolta da quella nebbia sottile, la campanula s’imbiancava tristemente come il disegno di un futon  di lino…

Il bambino, nel suo sonno solitario, cercava di penetrare con tutte le forze nella venatura del sogno. Lì i suoni della realtà si tramutavano in visioni oniriche. Così immaginava il fischio del treno come una tempesta d’autunno, che alla fine del giorno fuggiva dai campi col suono di un flauto. Mi veniva alla mente una piccola stazione delle regioni del Nord dove era iniziata a cadere la neve – il treno carico di casse di mele verdi e salmone, trasportato da un mare molto lontano, usciva dalla stazione; vicino a una stufa posta in mezzo ai sedili, si scaldavano una ragazza con la sciarpa e un vecchio con un berretto di lontra marina Immaginavo quel treno che correva senza volgere neanche uno sguardo alla tristezza, correva libero e indifferente attraverso il villaggio di camelie fiorite anzitempo, e attraverso le desolate fabbriche da cui raramente usciva il fumo. Al di là della nera palizzata di legno bruciato di quella piccola stazione, vedevo nella nebbia, sullo scintillio biancastro dei binari, la grande locomotiva che fra continui sbuffi di vapore si prepara a partite. Quella nebbia aveva l’odore dell’incenso…

Ogni volta che il padre portava il bambino in città, accontentava sempre la sua immancabile richiesta, e lo faceva stare per qualche attimo vicino allo steccato dei binari. Sullo sfondo scuro, oltre le rotaie, brillavano numerosi neon, alcuni sembravano la luce residua del tramonto, altri turbinavano come stelle capricciose.

Come le popolazioni dei paesi del Sud innalzano ovazioni al passaggio dell’elefante, così ogni volta che passava scontroso il treno, il bambino nelle braccia del padre rideva e batteva le mani eccitato…

Yukio Mishima - La foresta in fiore

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