Mi viene chiesto in chat come sia una donna banale, provo a scriverlo qui con una storia vissuta.
La banalità, rifletteva il proprietario del caffè "L'Angolo", non era un'assenza di difetti, ma un'assenza di sorprese. Non era mancanza di intelligenza, ma mancanza di curiosità. E Anna, una cliente abituale, era il suo "studio" preferito.
Anna arrivava ogni mattina alle 8:30 precise. Non alle 8:29, non alle 8:31. Le 8:30. Si sedeva sempre al terzo tavolo vicino alla finestra, la stessa sedia con il rivestimento leggermente consumato sul bordo sinistro. Ordinava sempre un cappuccino con latte di soia e una brioche semplice, mai integrale, mai alla crema.
Il suo abbigliamento seguiva un codice non scritto ma inflessibile: tailleur pantalone color neutro (grigio perla, beige, o blu navy, mai nero, troppo drammatico) e un foulard di seta annodato con una precisione quasi geometrica. Ogni capo, ogni accessorio, sembrava scelto non perché le piacesse, ma perché era "appropriato". Non c'era mai un tocco di colore audace, un gioiello stravagante, o un taglio di capelli che sfidasse le convenzioni. I suoi capelli erano sempre raccolti in uno chignon basso, impeccabile, che non mostrava un solo capello fuori posto.
Quando parlava al telefono, le sue conversazioni erano un inventario di superficialità: il tempo, il traffico, l'ultima serie TV di successo che doveva guardare, il ristorante "in" del momento dove ancora non era riuscita a prenotare. Non un'idea originale, non un dubbio esistenziale, non una passione segreta.
Un pomeriggio, una giovane pittrice di nome Clara, che frequentava il caffè, si sedette accanto a lei. Clara indossava abiti colorati, dipinti di macchie di vernice, e rideva forte.
"Scusa la curiosità," disse Clara ad Anna, "ho notato che ordini sempre le stesse cose. Non hai mai voglia di provare, che so, un espresso macchiato o un muffin al cioccolato?"
Anna la guardò con un'espressione di educata, quasi clinica, perplessità. "Perché dovrei? Il cappuccino e la brioche sono una combinazione collaudata. Non mi piace il rischio, né nelle ordinazioni né nella vita. La coerenza è rassicurante."
Clara sorrise, un sorriso gentile e un po' malinconico. "Ma nella coerenza assoluta non c'è crescita, non c'è scoperta. È come vivere in una stanza dipinta di un unico colore, senza quadri alle pareti."
Anna non capì la metafora. Annuì cortesemente e tornò a leggere il suo giornale finanziario.
Il proprietario del bar, osservando la scena da dietro il bancone, capì.
La banalità non era un difetto morale, era una scelta.
Una scelta consapevole di navigare la vita evitando le correnti, gli scogli, le tempeste emotive.
Una donna banale, concluse tra sé e sé, è quella che potresti descrivere in tre aggettivi standard – "precisa", "affidabile", "ordinata" – senza mai sentire il bisogno di aggiungerne un quarto che inizi con "stra-". Straordinaria. Stravagante. Strappalacrime.
Anna non era mai "stra" niente. Era semplicemente, e perfettamente, "adeguata". E quella assoluta adeguatezza, pensò il signore del bar versandosi un altro caffè, era la cosa più triste che avesse mai visto. Non era cattiva, non era stupida; era solo, inesorabilmente, prevista.
Ecco cosa è per me la banalità.
p.s Anche un profilo scarno lo è. (per me)
i gusti non si discutono, se ne parla per capire.