Definisci bambino...

Non ho seguito lo scontro di Iacchetti ma al solo leggere di questa richiesta e in tale contesto mi sono irritata enormemente. Vi propongo di leggere estratti dall'articolo di Marco Revelli, figlio di Nuto Revelli, e credo sia ben difficile accusare di antisemitismo pure lui. (Da La Stampa 25 agosto)
Appartengo a una generazione per la quale lo “sterminio degli ebrei” ha rappresentato il fondamento su cui si è costituito il nostro intero orizzonte morale. Appartengo a una famiglia per la quale la conservazione della memoria di quell’orrore ha significato, come dovere, l’essenza di una religione civile che aveva nel “Mai più” il proprio primo precetto. Ricordo i racconti di mio padre, sugli ebrei nascosti sotto la protezione delle armi partigiane nella valle in cui la sua Banda operava, punto fermo a testimoniare la giustezza di quella lotta. Ricordo le passeggiate e gli incontri festivi con Primo Levi, la sua conversazione pacata, la dolcezza di quelle ore, segnate da un velo di tristezza per le sofferenze vissute, e da un intreccio di speranza, che quel ricordo servisse a qualcosa, e di timore, che il mostro potesse tornare a riprodursi.
Per questo il pogrom del 7 ottobre... l’avverarsi di una profezia infausta. Ma poi era venuta la lunga, infinita risposta di Israele. E devo dirlo sinceramente, per me quanto accaduto in Palestina da allora – quanto sta accadendo ora – non costituisce solo una tragedia per quel popolo, per quei popoli, al cui dolore partecipo per l’empatia che ci impone il nostro essere “umani”. È qualcosa di più radicale, e vorrei dire “personale”: è una catastrofe esistenziale.
Lo sfondamento del mio stesso universo morale, realizzato da chi ne era stato il fondamento. Perché questo è quanto accade, volenti o nolenti, quando in quell’angolo del nostro “Io” che chiamiamo coscienza, siamo costretti a riconoscere, nell’implacabile procedere della macchina da guerra di Israele, i segni terribilmente simili a tutto ciò che si era giurato di non voler permettere mai più. L’uccisione massificata di civili innocenti, donne, vecchi, bambini, colpevoli solo di esistere in quel luogo. La distruzione di tutte le infrastrutture indispensabili alla vita (ospedali, fonti idrauliche, elettriche, scuole, luoghi di preghiera), tutto ciò senza il quale una comunità non può sopravvivere come tale (questo s’intende per “genocidio”). M.Revelli
Quando si perde l'ultima briciola di umanità non esistono più colori, partiti, ragioni, alibi... solo infinito orrore.